[go: up one dir, main page]
More Web Proxy on the site http://driver.im/

Trapianto

intervento chirurgico

Citazioni sul trapianto e sulla donazione di organi.

I Santi Cosma e Damiano, protettori dei chirurghi, dei farmacisti e dei barbieri operano un trapianto leggendario

Citazioni

modifica
  • Che cosa, in effetti, può trattenere un essere umano da un gesto di solidarietà che, oltretutto, non "costa" nulla, visto che ciò che viene donato non ha più, per il donatore, alcuna utilità? Ho formulato apposta la domanda in un modo così semplicistico e brutale per suggerire che la risposta – non dico la giustificazione – è da cercare su un piano che non è né quello della conoscenza razionale né, tantomeno, quello del buon senso. A nessuno di noi, credenti o non credenti, è estraneo il sogno della resurrezione dei corpi: un sogno che non riguarda tanto il nostro, di corpo (del quale, del resto, è difficile se non impossibile immaginare la non – più – esistenza), quanto quello delle persone che abbiamo amato e che non ci sono più. Fra credenti e non credenti c'è, in questo, una sola anche se, certamente, essenziale differenza: che ciò che per i secondi è un sogno, per i primi è una speranza o, almeno, la volontà di una speranza. E io credo che da questo sogno o da questa speranza discenda il desiderio struggente di "salvare" non, ripeto, il proprio corpo, ma quello dei propri cari appena scomparsi, di difenderne l'integrità, di sentire come un ulteriore strazio, come un'ulteriore separazione, come un'ulteriore perdita il fatto che esso venga immediatamente – e, come la scienza e la tecnica esigono, a morte cerebrale accertata, ma a cuore ancora battente – lacerato, diminuito, privato di sé. (Giovanni Raboni)
  • Ci sono centinaia di persone morte ogni anno per mancanza di organi, tutto il resto sono cazzate.[1] (Fabio Fazio)
  • Come credente e come persona che nella sua etica soggettiva pone la vita al primo posto non posso non reputare la donazione degli organi una straordinaria azione d'amore. Per chiarire questo equivoco nella prossima puntata del mio programma tornerò su questo argomento ribadendo entrambi i punti, la mia contrarietà a questa legge e il mio assoluto sostegno alla donazione.[1] (Adriano Celentano)
  • Donare i propri organi, perciò, è un gesto sacro. È trasformare la propria morte in vita per la salvezza degli altri. E, per chi ha ricevuto questo dono, è portare con sé, nel corpo e nella mente, il suo salvatore, con amore e riconoscenza. (Francesco Alberoni)
  • I trapianti di tessuti e di organi costituiscono uno dei progressi più straordinari della terapia e della solidarietà umana, e anche per questo richiedono attenzione, coerenza, equilibrio e un costante impegno. (Giovanni Berlinguer)
  • Il processo di trapianto spaventa, i pazienti passano dall'ansia di ricevere un organo all'ansia che l'organo venga rigettato. L'ansia continua finché non riescono ad aprire gli occhi dopo l'intervento per vedere che il dono è stato accettato. (Grey's Anatomy)
  • [Nel 1995] Il trapianto di organi, principalmente fegato, rene, cuore, polmone è ormai una realtà consolidata. Un trapianto non fa più notizia perché è diventato un intervento quasi di routine. L'unico ostacolo alla sua diffusione è rappresentato dalla scarsa disponibilità di organi dovuta purtroppo a scarsa organizzazione e spesso a cattiva volontà. (Silvio Garattini)
  • Il trapianto è il salvataggio di due organismi viventi. Della persona trapiantata che lotta per la sua sopravvivenza, e dell'organo che lotta per la sua. Ed entrambi, da soli, non hanno speranza, mentre uniti si salvano. Il corpo che accoglie l'organo trapiantato è perciò come un grembo materno, come un utero, che accoglie un figlio a cui dà la vita, mentre la riceve da lui. L'esperienza del trapiantato è incredibilmente simile a quella della gravidanza. Il principale desiderio, la principale preoccupazione della persona trapiantata è di saper accogliere l'organo che ha ricevuto, e di salvarlo, curarlo, risanarlo. E anche i medici hanno la stessa preoccupazione, la stessa cura. La persona trapiantata sa perfettamente e ricorderà sempre che quell'organo non è suo, che è parte di un'altra persona, e che lei ne è soltanto la custode, il grembo accogliente. Non dimenticherà mai chi, morendo, glielo ha lasciato. Anzi ne rivive in ogni istante l'agonia, la morte come fosse la propria. Perché da quella morte è scaturita la sua vita. C'è un rapporto spirituale profondo fra la persona trapiantata e il donatore. Una intimità tanto forte che è bene che il trapiantato non sappia chi è il donatore, non lo conosca. (Francesco Alberoni)
  • Il vero problema è che il prezzo da pagare per salvare queste vite è quello tragico di sopprimerne altre. Si vuole sostituire il principio utilitaristico secondo cui si può fare il male per ottenere un bene, alla massima occidentale e cristiana secondo cui non è lecito fare il male, neppure per ottenere un bene superiore. Se un tempo i "segni" tradizionali della morte dovevano accertare che una persona viva non fosse considerata morta, oggi il nuovo criterio harvardiano pretende di trattare il vivente come un cadavere per poterlo espiantare. (Sandro Magister)
  • [Sulle donazioni "samaritane"[2]] In modo specifico possiamo ricordare l'importanza dell'anonimato tra donatore e ricevente e la necessità che il donatore ben comprenda i rischi potenziali e le conseguenze psicofisiche dell'intervento e l'irreversibilità della scelta. [...] Fondamentale l'accertamento delle condizioni cliniche e psichiche del donatore e le motivazioni del gesto attraverso una "parte terza" estranea all'organizzazione medica che effettuerà il prelievo e il trapianto del rene. (Lorenzo d'Avack)
  • Io sono uno dei tanti dializzati in attesa di trapianto, Celentano dovrebbe provare a dipendere da una macchina tre volte la settimana, sapendo che con un'operazione e con un nuovo organo la vita potrebbe cambiare e tornare normale. Quello che ha detto è proprio in linea con il titolo del programma. Mi chiedo perché non continui a cantare invece che parlare di argomenti che non conosce.[1] (Alberto Castagna)
  • In Italia c'è una legge che sono sicuro che è sbagliata. La legge che ci obbliga a donare gli organi. [...] Come fa lo stato a obbligarci a donare gli organi? Sulla legge è scritto che lo stato deve aspettare che l'encefalogramma è piatto. Così un bel giorno io mi posso svegliare in ospedale senza un braccio. "Avevi l'encefalogramma piatto", mi verrebbe comunicato. Adesso uno non può avere più neppure l'encefalogramma piatto.[1] (Adriano Celentano)
  • La donazione è una scelta di civiltà che testimonia una piena adesione ai principi di solidarietà cui si ispira la Carta costituzionale. (Donato Marra)
  • La gente ha abbastanza buon senso da capire che i "morti cerebrali" non sono veramente morti. La morte cerebrale non è altro che una comoda finzione. Fu proposta e accettata perché rendeva possibile il procacciamento di organi. (Peter Singer)
  • La giustificazione scientifica di questa scelta[3] risiede in una peculiare definizione del sistema nervoso, oggi rimessa in discussione da nuove ricerche, che mettono in dubbio proprio il fatto che la morte del cervello provochi la disintegrazione del corpo. Come dimostrò nel 1992 il caso clamoroso di una donna entrata in coma irreversibile e dichiarata cerebralmente morta prima di accorgersi che era incinta; si decise allora di farle continuare la gravidanza, e questa proseguì regolarmente fino a un aborto spontaneo. Questo caso e poi altri analoghi conclusi con la nascita del bambino hanno messo in questione l'idea che in questa condizione si tratti di corpi già morti, cadaveri da cui espiantare organi. Sembra, quindi, avere avuto ragione Jonas quando sospettava che la nuova definizione di morte, più che da un reale avanzamento scientifico, fosse stata motivata dall'interesse, cioè dalla necessità di organi da trapiantare.[4] (Lucetta Scaraffia)
  • La storia dei trapianti è costellata da fallimenti iniziali: i primi trapianti di rene, all'inizio degli anni Cinquanta, e quelli di cuore, cominciati negli anni Sessanta, non hanno avuto successo. Poi sono migliorate le tecniche chirurgiche e soprattutto la terapia antirigetto e oggi i trapianti, per molti organi, sono diventati una procedura terapeutica consolidata. (Mario Viganò)
  • La verità è che la definizione della morte cerebrale fu proposta dalla Harvard Medical School, nell'estate del 1968, pochi mesi dopo il primo trapianto di cuore operato da Christian Barnard (dicembre 1967), per giustificare eticamente i trapianti di cuore, che prevedevano che il cuore dell'espiantato battesse ancora, ovvero che, secondo i canoni della medicina tradizionale, egli fosse ancora vivo. L'espianto, in questo caso equivaleva ad un omicidio, sia pure compiuto "a fin di bene". La scienza poneva la morale di fronte a un drammatico quesito: è lecito sopprimere un malato, sia pure condannato a morte, o irreversibilmente leso, per salvare un'altra vita umana, di "qualità" superiore? (Sandro Magister)
  • Per un paziente in gravi condizioni un trapianto di organi significa un nuovo inizio, una seconda chance. Ma il corpo è programmato per combattere ogni invasore estraneo, persino uno che cerca di salvarlo. Perché un trapianto non garantisce una vita più facile. C'è la minaccia che il corpo rigetti subito l'organo. (Grey's Anatomy)
  • [Nel 1995] Però la funzione degli organi trapiantati tende purtroppo a deteriorarsi abbastanza rapidamente nel tempo. La sopravvivenza media di un rene e di un cuore trapiantato è di circa 8 anni, come lo era due decenni or sono, e ciò nonostante i notevoli progressi nella terapia anti-rigetto. Ciò vuol dire che tutto sommato una buona percentuale dei pazienti trapiantati si ritrova dopo alcuni anni nelle stesse condizioni di partenza. Mentre per il rene esiste la possibilità di ritornare alla dialisi, per il cuore e per il fegato è necessario trovare un altro organo, non sempre reperibili, per un secondo trapianto. (Silvio Garattini)
  • Ragionare sulla vita e la morte, farlo soprattutto nelle condizioni drammatiche in cui sono costretti a farlo i familiari dei donatori, non è immaginabile quando si è distrutti dal dolore per la perdita. Dovrebbe essere un tema sul quale si siano maturate delle convinzioni a freddo, in modo razionale, in un momento lontano dal dramma, aiutati da campagne costruite su valide basi scientifiche. (Cinzia Sasso)
  • Se è vero che il trapianto da vivente consente ai chirurghi e agli ospedali di non lavorare in urgenza (e quindi di lavorare meglio e a minor costo), è anche vero che è facilissimo che il trapianto da cadavere paghi le spese di questi vantaggi e venga trascurato. Ciò sarebbe deleterio per quei pazienti che aspettano ad esempio un cuore, che ovviamente può essere ottenuto solo da un cadavere. (Girolamo Sirchia)
  • Sempre più donatori, sempre più trapianti. Sempre più da una morte accadeva che tornasse a sbocciare una vita. (Cinzia Sasso)
  • Una legge dello stato, quella sui trapianti, votata con larghissima maggioranza dal parlamento in carica, è stata stravolta da affermazioni ottuse ed irresponsabili. Affermazioni superficiali dettate dalla non conoscenza della questione che rischiano di mettere a repentaglio il lavoro svolto fin ora per dare a migliaia di cittadini malati una speranza di vita e per sollevare i loro familiari da una pesante angoscia quotidiana.[1] (Umberto Veronesi)
  • Una lista d'attesa lunga migliaia di nomi è eticamente inaccettabile. Al contrario, è moralmente lecito, oltre che meritorio, il trapianto da vivente, che oggi è oltretutto pratica chirurgica semplice e innocua, come praticamente priva di rischi è la condizione di chi si trova a vivere con un solo rene. (Umberto Veronesi)
  • Il trapianto di mano? Non si deve fare. Con questi interventi creiamo malattie. Chi subisce il trapianto deve poi sottoporsi a una terapia con farmaci immunosoppressori che riducono le difese dell'organismo e favoriscono le infezioni. Non solo, in qualche caso possono addirittura stimolare la comparsa di tumori. Questi rischi si possono accettare per i trapianti salva-vita, ma la mano non è un organo vitale come il cuore o il fegato.
  • Lo xenotrapianto potrebbe rappresentare una soluzione sia al problema della scarsità di donatori sia a quello del rigetto. Grazie all'ingegneria genetica si sta cercando di rendere gli organi animali compatibili per il trapianto nell'uomo. Rimane da risolvere il problema della trasmissione di virus animali potenzialmente dannosi per l'uomo. Il caso dell'Aids, trasmesso dalle scimmie agli esseri umani, insegna che è necessario essere cauti.
  • Non credo al cuore meccanico: un trapianto ben riuscito è sempre meglio di un dispositivo artificiale. Gli organi meccanici non riescono ancora a garantire una buona qualità di vita al paziente che deve rimanere l'obiettivo principale di qualsiasi intervento medico.
  • Ad un certo punto ci si urta sempre in un muro di tragico. E questa dei trapianti è una soluzione tra le più negative del mondo, anche se può presentarsi con qualche forma di bene: del resto, come accade sempre, tutti i mali possono avere anche una parte di bene.
  • Certamente il trapianto è una forma di carità; cristiana o no, è sempre una forma bella di donazione. Ma a patto che ci sia una donazione spontanea: solo così io la accetto. Il trapianto come forma di donazione spontanea, volontaria, consapevole, resta il meglio di ogni altra cosa. Il dubbio è sul silenzio-assenso.
  • [Sulla legge italiana dei trapianti d'organo] Il rischio è che funzioni più il silenzio che l'assenso. E quindi, c'è il serio rischio che ci sia l'espianto senza il consenso, senza una qualche forma di consenso, il quale è assolutamente necessario. Del resto io vedo male i trapianti in generale. Li vedo male come un qualche cosa di negativo. [...] Sento che può essere la causa che può attirare una catena senza fine di crimini.
  • Toglierei la concupiscenza di vivere dai nostri poveri organi, perché sono concupiti e strappati – e lo saranno sempre più – a dei viventi. Questo è il rischio: col trapianto gli organi vengono espiantati non a quanti sono o non sono morti – questo è un altro problema, e anche molto grave – ma a dei viventi viventi, a dei viventi sani: è questo è il punto tragico.
  • Allora come fa la scienza a dichiarare morto, cessato, finito un mondo di cui per sua stessa ammissione conosce poco per non dire nulla? Seconda contraddizione. Vogliamo parlare delle modalità di accertamento della morte cerebrale? Nel 1975 la legge fissava in 12 ore il periodo d'osservazione obbligatorio prima che il collegio medico potesse autorizzare l'espianto degli organi. Nel 1993 il presidente Oscar Luigi Scalfaro dimezzò i tempi: 6 ore. Dopodiché, se l'elettroencefalogramma risulta «piatto», si procede all'espianto. Un decreto del ministero della Sanità autorizza persino il personale tecnico a eseguire questo esame decisivo. Perché tanta fretta che mal si concilia con la tutela dell'individuo e dei suoi familiari? Terza contraddizione.
  • È giusto dichiarare morta una persona in base a una convenzione di legge che ha il solo scopo di favorire i trapianti d'organo?
  • Purtroppo tutti gli organi, a eccezione delle cornee, hanno questo di brutto: per poter essere trapiantati vanno tolti dal corpo del «donatore» mentre il cuore di questi batte, il sangue circola, la pelle è rosea e calda, i reni secernono urina, un'eventuale gravidanza prosegue, tanto da rendere necessaria la somministrazione di farmaci curarizzanti per impedire spiacevoli reazioni quando il chirurgo affonda il bisturi. Vi paiono cadaveri, questi? Sì, assicurano i trapiantisti. No, stabilisce una legge dello Stato: infatti «per cadavere si intende: "Il corpo umano rimasto privo delle funzioni cardiorespiratoria e cerebrale"» (circolare del ministero della Sanità 24 giugno 1993, n. 24).
  • Attualmente c'è chi sostiene che la definizione di morte dovrebbe essere rivista alla luce delle innovazioni tecnologiche che hanno investito il mondo della medicina. Personalmente, credo che il modo di definire la fine della vita sia corretto scientificamente ma sostengo soprattutto che se qualcuno nutre dei dubbi li esponga nelle sedi appropriate, portando alla conoscenza di tutti gli argomenti scientifici a supporto di questa sua posizione. In caso contrario, insinuare l'ipotesi che un individuo che fino ad oggi viene definito morto, non lo è più, è un atto irresponsabile che rischia di mettere in pericolo la possibilità di salvare centinaia di migliaia di vite grazie alla donazione degli organi dopo la morte, un atto generoso e dettato unicamente dal senso di solidarietà tra gli esseri umani.
  • La nuova definizione di morte non fu dunque, solo il frutto di un confronto tra scienziati, fu soprattutto la prima dichiarazione di bioetica condivisa che ebbe un impatto concreto in tutto il mondo. La morte cerebrale fu infatti alla base dello sviluppo della medicina dei trapianti come la conosciamo oggi; permise la donazione degli organi e il prelievo da donatori a cuore battente. Ed è grazie a quel lavoro che oggi nel mondo si eseguono decine di migliaia di trapianti d'organo ogni anno e si salvano, grazie a questa terapia, tantissimi pazienti altrimenti destinati a morte certa. La morte dunque poggia la sua definizione su certezze scientifiche che non hanno motivo di essere messe in discussione. Del resto, è certo che se un medico nutrisse il benché minimo dubbio sulla morte di un individuo non procederebbe mai al prelievo degli organi.
  • Negli Usa mi sono sempre rifiutato di eseguire trapianti da donatori samaritani[2], che comunque venivano effettuati, pur di rado, negli istituti che ho diretto. Ho invece sempre sostenuto, eseguito e incentivato i trapianti da donatori viventi legati da vincoli di affetto. Non sono convinto che sia giusto sottoporre una persona non legata da vincoli affettivi al rischio di un intervento chirurgico. Non arriverei a proibirli ma non mi convincono‚ come percorso etico‚ come soluzione alla drammatica lunghezza delle lista d'attesa, soprattutto nel caso del trapianto di rene.
  • Se è vero che ogni minuto, negli Usa, muore una persona per carenza di organi per trapianto e che il Paese deve cercare una risposta a tale pressante richiesta, è anche doveroso salvaguardare i diritti e la volontà di individui che, quando ancora in possesso delle proprie capacità intellettive/cognitive, si sono posti il delicato problema di come essere assistiti (o non assistiti) nelle fasi di fine vita e di come disporre del proprio corpo. Le nuove misure trovano l'entusiastico sostegno di buona parte della comunità americana dei trapianti, nonostante il rischio segnalato dagli esperti di bioetica che si tratti di una legge che trasforma in donatori di organi anche individui che non lo avrebbero voluto, che obbliga certi familiari ad accettare decisioni non condivise e addirittura che spinge i medici a non somministrare certi farmaci a pazienti ormai terminali per timore di danneggiare la qualità di organi altrimenti disponibili per il prelievo e il trapianto. Si tratta di timori forse ingigantiti ma del tutto legittimi. Da decenni ci si adopera per risolvere il divario fra richiesta e offerta di organi, ma ciò non toglie che si debba procedere con estrema cautela. Sembra banale sottolineare un principio basilare ma è necessario tenere sempre presente che non è ammissibile assegnare più valore a un'esistenza rispetto a un'altra, in questo caso a quella di un uomo o una donna in lista d'attesa per un trapianto rispetto a quella di una persona che versa in fin di vita, in un reparto di rianimazione. Occorre agire con prudenza, dimostrando che l'interesse ultimo resta sempre e soltanto il rispetto e la salute dei cittadini, in qualsiasi fase della vita siano, a qualsiasi età e in qualsiasi situazione.
  • I trapianti di tessuti e di organi rappresentano una grande conquista della scienza medica e sono certamente un segno di speranza per tante persone che versano in gravi e a volte estreme situazioni cliniche.
  • Il consenso informato è condizione previa di libertà, perché il trapianto abbia la caratteristica di un dono e non sia interpretato come un atto coercitivo o di sfruttamento. [...] È utile ricordare che i singoli organi vitali non possono essere prelevati che ex cadavere, il quale peraltro possiede pure una sua dignità che va rispettata.
  • L'atto d'amore che viene espresso con il dono dei propri organi vitali permane come una genuina testimonianza di carità che sa guardare al di là della morte perché vinca sempre la vita. Del valore di questo gesto dovrebbe essere ben cosciente il ricevente; egli è destinatario di un dono che va oltre il beneficio terapeutico. Ciò che riceve, infatti, prima ancora di un organo è una testimonianza di amore che deve suscitare una risposta altrettanto generosa, così da incrementare la cultura del dono e della gratuità.
  • Dal punto di vista morale, un ben inteso principio di giustizia esige che tali criteri di assegnazione degli organi donati non derivino in alcun modo da logiche di tipo "discriminatorio" (età, sesso, razza, religione, condizione sociale, ecc.) oppure di stampo "utilitaristico" (capacità lavorative, utilità sociale, ecc.). Nella determinazione delle priorità di accesso ai trapianti ci si dovrà, piuttosto, attenere a valutazioni immunologiche e cliniche. Ogni altro criterio si rivelerebbe arbitrario e soggettivistico, non riconoscendo il valore che ogni essere umano ha in quanto tale, e non per le sue caratteristiche estrinseche.
  • I trapianti sono una grande conquista della scienza a servizio dell'uomo e non sono pochi coloro che ai nostri giorni sopravvivono grazie al trapianto di un organo. La medicina dei trapianti si rivela, pertanto, strumento prezioso nel raggiungimento della prima finalità dell'arte medica, il servizio alla vita umana. Per questo, nella Lettera Enciclica Evangelium vitae ho ricordato che, tra i gesti che concorrono ad alimentare un'autentica cultura della vita "merita un particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza".
  • Il riconoscimento della dignità singolare della persona umana ha un'ulteriore conseguenza di fondo: gli organi vitali singoli non possono essere prelevati che ex cadavere, cioè dal corpo di un individuo certamente morto. Questa esigenza è di immediata evidenza, giacché comportarsi altrimenti significherebbe causare intenzionalmente la morte del donatore prelevando i suoi organi.
  • Un primo accento è da porre sul fatto che ogni intervento di trapianto d'organo, come già in altra occasione ho avuto modo di sottolineare, ha generalmente all'origine una decisione di grande valore etico: "la decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo, per la salute ed il benessere di un'altra persona". Proprio in questo risiede la nobiltà del gesto, che si configura come un autentico atto d'amore. Non si dona semplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé, dal momento che "in forza della sua unione sostanziale con un'anima spirituale, il corpo umano non può essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni..., ma è parte costitutiva della persona, che attraverso di esso si manifesta e si esprime".
  • Dal punto di vista morale e religioso, non si ha nulla da obiettare contro il prelievo della cornea da cadavere, cioè, contro la cheratoplastica, tanto lamellare quanto perforante, considerate in sé stesse. Per chi riceve, ossia il paziente, rappresentano un ripristino e correzione di un difetto di nascita o accidentale. In relazione al defunto, al quale si toglie la cornea, non lo si danneggia in nessuno dei beni a cui ha diritto, né nel suo diritto di tali beni. Il cadavere non è, nel significato proprio della parola, un soggetto di diritto, perché si trova privato della personalità, l'unica che può essere soggetto di diritto. Nemmeno l'espianto è più la privazione di un bene; gli organi della vista, in effetti (la loro presenza, la loro integrità), non posseggono più nel cadavere il carattere di beni, perché non gli servono più e non hanno relazione con alcun fine. Questo non significa, tuttavia, che riguardo a un cadavere di un uomo non si possa o non si abbia, in realtà, obblighi morali, prescrizioni o proibizioni; nemmeno significa che i terzi che hanno la custodia del corpo, della sua integrità e del trattamento di cui sarà oggetto, non possano cedere e non cedano, in realtà, diritti e doveri propriamente detti. Tutto il contrario.
  • Il trapianto di un tessuto o di un organo da un morto a un vivente non è trapianto da un uomo ad un altro uomo; il morto era un uomo, ma ora non lo è più.
  • In generale, non dovrebbe essere permesso ai medici procedere all'espianto o altri interventi sopra un cadavere senza un accordo con coloro che sono i depositari dello stesso, e forse persino contro le obiezione preventivamente formulate dall'interessato. [...] D'altra parte, è necessario educare il pubblico e spiegargli con intelligenza erispetto che acconsentire espressamente o tacitamente a seri interventi contro l'integrità del cadavere, nell'interesse di quelli che soffrono, non offende la pietà che si deve al defunto, se per quello si hanno fondate ragioni. Questo consenso che può, nonostante tutto, significare una sofferenza e un sacrificio per i parenti prossimi, possiede però l'aureola della carità misericordiosa verso i fratelli che soffrono.
  • Prima di affrontare il tema propriamente detto, ci sia permesso di fare due osservazioni di carattere più generale. La terminologia che appare nelle "memorie" e nei testi stampati distingue "autoinnesto", trapianti di tessuto da una parte all'altra del corpo dello stesso individuo; "omoinnesto", trapianti di tessuto da un individuo ad un altro della stessa specie (cioè in questo caso da uomo a uomo); "eteroinnesto", trapianti di tessuto tra due individui di specie differenti (cioè, qui, tra un animale e un organismo umano). Quest'ultimo caso esige alcune precisazioni dal punto di vista religioso e morale. Non si può dire che tutti i trapianti di tessuto (biologicamente possibili) tra individui di specie differenti sia moralmente condannabili; però non è neanche certo che nessun trapianto eterogeneo, biologicamente possibile, sia proibito o che non possa offrire alcuna obiezione. Bisogna distinguere ogni caso concreto, ed esaminare quale tessuto o quale organo si tratta di trapiantare. Il trapianto – nell'uomo – di ghiandole sessuali animali, si deve rifiutare come immorale, al contrario, il trapianto di cornea da un organismo non umano a uno umano non introdurrebbe nessuna difficoltà morale, se fosse biologicamente possibile e indicata.
  • Donazione, parlane oggi.
  • Non portate i vostri organi in paradiso, lì non servono.
  • Un donatore moltiplica la vita.
  1. a b c d e Il monologo di Celentano sui trapianti d'organo e sulla legge italiana del "silenzio-assenso", pronunciato in diretta televisiva nel corso della trasmissione 125 milioni di caz..te il 26 aprile 2001, è stato oggetto di numerose critiche nei giorni successivi, come quelle arrivate da Alberto Castagna, Umberto Veronesi e Fabio Fazio (che ha ironizzato sul nome della trasmissione). Celentano ha poi precisato con un intervento successivo la sua posizione sull'argomento dichiarandosi favorevole alla donazione d'organi ma contrario alla legge italiana del silenzio-assenzio.
  2. a b La cosiddetta donazione "samaritana" rappresenta la donazione da parte di una persona vivente di un proprio organo (in genere il rene) a persone sconosciute. Il nome deriva dalla parabola del buon samaritano e dal significato che il termine ha poi assunto nella cultura occidentale.
  3. Nel 1968 il "rapporto di Harvard" ha cambiato la definizione di morte, basandosi non più sull'arresto cardiocircolatorio, ma sull'elettroencefalogramma piatto e quindi sulla morte cerebrale
  4. L'articolo pubblicato sull'Osservatore Romano, avendo messo in dubbio il rapporto di Harvard, suscitò grande scalpore. Ignazio Marino, ad esempio, criticò il pezzo in un articolo di la Repubblica definendolo "un atto irresponsabile", mentre Sandro Magister in un articolo su Espresso.it e Stefano Lorenzetto in un articolo su Il Giornale.it sostenerono la storica per aver portato all'attenzione pubblica il problema.

Voci correlate

modifica

Altri progetti

modifica