Elly Schlein
politica italiana (1985-), segretaria del Partito Democratico
Elena Ethel Schlein (1985 – vivente), politica italiana.
Citazioni di Elly Schlein
modificaCitazioni in ordine temporale.
- [«Lei è nata a Lugano e ha un papà americano. Come si è innamorata dell'Emilia Romagna?»] Sono una figlia adottiva e orgogliosa di questa terra da 15 anni. L'Emilia Romagna è una terra che sa diventare casa come poche, casa per tanti che l'hanno scelta. Non ti chiede mai da dove vieni, ti chiede che cosa possiamo fare insieme. Sono arrivata a Bologna per studiare giurisprudenza e non sono più andata via.[1]
- Faccio parte di una generazione che si era allontanata dalla politica, lo avevo fatto anch'io ma ad un certo punto ti rendi conto che se non ti rimbocchi le maniche e provi a parteciparlo quel cambiamento, se non provi ad essere il cambiamento che vuoi vedere nella società, non puoi aspettarti che altri lo facciano per te. Anche se sei incazzato con la politica e ti allontani, devi renderti conto che gli altri continueranno a farla e il peso delle loro decisioni ricadrà comunque anche sulla tua vita, quindi vale la pena, nelle forme e nei modi in cui uno può, di partecipare alla cosa pubblica.[1]
- [Su Matteo Salvini] Uno spregiudicato. Con una visione per me aberrante, ma almeno comprensibile.[2]
- [«[...] "intersezionalità" cosa significa?»] Significa che le battaglie sono connesse: se chiedi a un ragazzino di scegliere tra giustizia sociale, diritti civili, ecologia e uguaglianza, non capisce.[3]
- [«Come spiegherebbe il suo femminismo a una ragazzina disinteressata?»] Mostrandole il soffitto di cristallo che ha sopra la testa: in Europa, a parità di mansioni, le donne percepiscono il 16 per cento di salario in meno e ricevono una pensione del 39 per cento più bassa. Nei CdA delle aziende quotate siamo una su venti. E durante la pandemia siamo state licenziate in maggior numero, perché abbiamo contratti precari. Altro esempio: durante il lockdown i ricercatori maschi hanno prodotto di più, le ricercatrici di meno. Sa perché? Perché su di loro grava il peso della cura familiare. Io voglio che questa ragazzina disinteressata abbia il diritto di scegliere cosa cavolo fare nella vita.[3]
- [La destra italiana ha] sempre dimostrato di ritenere che la Costituzione ponesse troppi fastidiosi ostacoli all'uomo solo al comando. Al contrario i suoi pesi e contrappesi sono fondamentali a tutela della democrazia. Del resto i loro modelli sono quelli autoritari di Trump, che fomenta l'assalto al Congresso, di Putin che invade Paesi e punisce il dissenso o di Orban che vuole razze pure: non c'è da stupirsi che qui abbiano un disegno che schiaccia democrazia e diritti.[4]
- La flat tax è il massimo dell'ingiustizia, della diseguaglianza e della presa in giro, perché l'idea di abbassare le tasse ai ricchi la pagano i poveri. È un'idea che fa mancare i servizi a quelli che per curarsi non possono prendersi un piano del San Raffaele.[4]
- Giorgia Meloni guida un partito che relega le donne al ruolo di welfare vivente: questo la rende una leadership inutile per le donne.[5]
- [La destra è forte perché] è abilissima a puntare il dito in basso, verso chi sta peggio, e farne un capro espiatorio.[6]
- [Sull'omicidio di Giulia Cecchettin] Perché sia fatta davvero giustizia, per Giulia Cecchettin e per tutte le altre donne uccise dalla violenza maschile, questo non basta. E non bastano il dolore e l’indignazione. Non possiamo continuare ad assistere giorno dopo giorno a questa strage. Nei mesi scorsi e anche negli ultimi giorni, dopo le parole di Paola Cortellesi, mi sono rivolta alla Presidente del Consiglio Meloni, e pure oggi dico: almeno sul contrasto a questa mattanza di donne e di ragazze, lasciamo da parte lo scontro politico e proviamo a far fare un passo avanti al Paese. [...] approviamo subito una legge che introduca l'educazione nelle scuole.[7]
Dall'intervista di Mattia Caniglia a Rivista Studio nº 45, 2020; ripubblicato in rivistastudio.com, 27 febbraio 2023.
- Incontro mi fa venire in mente un'opportunità. Un'opportunità di crescere fondamentalmente.
- Alcuni degli incontri più rilevanti li ho fatti durante la mia esperienza europea. Ho incontrato colleghe e colleghi che pur in contesti nazionali molto diversi, si battono esattamente per la stessa visione di futuro. Sempre a livello europeo, ma stavolta ideale, l'incontro con il pensiero social democratico e con quello ecologista mi ha lasciato tantissimo.
- [...] l'altro giorno mi ha colpito molto una frase di Jacinda Ardern, pronunciata appena vinte le elezioni in Nuova Zelanda: "Siamo troppo piccoli per prescindere dal punto di vista degli altri". Racchiude esattamente il mio senso per l'incontro.
- L'esperienza fatta da volontaria per la campagna di Obama mi ha permesso di fare tanti incontri illuminanti, che hanno contribuito a piantare il seme di quello che poi è diventato il mio impegno politico concreto. Personalmente non mi aspettavo di fare politica in modo così attivo. È stato un po' un percorso senza soluzione di continuità, dove siamo andati passo per passo, ma senza premeditazione. Non avevo idea che sarei finita al Parlamento Europeo o ad essere la Vicepresidente della Regione Emilia Romagna.
- C'è assolutamente bisogno di dissenso. [...] se rinunciamo alla possibilità che posizioni contrastanti si incontrino, corriamo il rischio di perdere l'opportunità di trovare soluzioni più efficaci.
- [«C'è bisogno di una nuova leadership fatta anche di intelligenza emotiva per cambiare questa politica?»] L'empatia in politica è una parte importante, perché ti tiene a terra. Cioè ti tiene comunque legato alla quotidianità delle persone che cerchi di rappresentare. La cosa però ha i suoi pro e i suoi contro. Soprattutto perché quando ti occupi di fragilità in qualche modo quelle fragilità ti rimangono addosso e finisci per portarle con te. Non ti lasciano indifferente. Ma sicuramente l'empatia aiuta a creare legami più inclusivi. E soprattutto aiuterebbe a superare un grande vulnus irrisolto del nostro sistema politico: quello del modello dell'uomo solo al comando. Che non possiamo assolutamente risolvere con il modello della donna sola al comando. C'è bisogno invece di creare nuovi meccanismi che portino al comando squadre di persone, con competenze diverse e che siano capaci di avere una visione a 360 gradi di quelle che sono le complessità dei problemi sociali economici e ambientali. Che questo sia il modello di leadership da spingere con forza penso l'abbia imparato anche qualche leader nostrano, che sembrava fortissimo ma che poi, senza questa capacità di farsi crescere attorno una nuova classe dirigente, si è sbriciolato molto in fretta.
- [«Cosa ostacola l'incontro tra i diritti delle donne e il loro accesso al potere politico?»] Quello che è di ostacolo e che siamo immersi in un sistema a livello italiano, ma anche a livello europeo, che fa i conti con secoli e secoli di cultura patriarcale. [...] anche in Europa siamo molto indietro. Un'Europa che peraltro ha inserito nel Trattato di Lisbona all'articolo 8 un'innovazione culturale straordinaria: il principio del gender mainstreaming. Cioè non politiche di genere a compartimenti stagni, ma un approccio di genere trasversale a tutte le politiche pubbliche. Il punto, infatti, non è cambiare lo sguardo sulle donne ma integrare lo sguardo delle donne. A livello di partiti gli ostacoli sono anche legati ad atteggiamenti sessisti e non è una questione di destra o di sinistra. Anche a sinistra il sessismo c'è e tanto. Ma il problema sistemico e fondamentale, che poi sta a monte di mille altri problemi, è la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Questo è il primo ostacolo irrimandabile per le donne. I lavori domestici, la cura dei figli, la cura degli anziani non autonomi, la cura delle persone con disabilità, tutto ricade sulle spalle delle donne e in maniera sproporzionata. Come possono queste donne, e quelle che anche lavorano, riuscire a dedicarsi alla cosa pubblica? Per cambiare marcia serve un approccio di genere che coinvolga anche gli uomini. E non si tratta solamente di diritti, ma anche di opportunità economiche.
- Veniamo da più di un decennio di processi di globalizzazione che hanno scardinato alcuni riferimenti. Si è rinunciato a regolare aspetti importanti di questi processi e il risultato è che molti si sono sentiti esclusi. Ai cambiamenti vertiginosi si è aggiunta una crisi triplice. Demografica, dove la popolazione Europea invecchia mentre i sistemi di welfare non sembrano essere preparati a gestire questo mutamento. Una crisi climatica, che ha polarizzato e polarizza a livello politico. Infine, una crisi geopolitica con diseguaglianze globali e conflitti sempre più accesi. Davanti a tutto questo, una persona — che è anche più povera di prima a causa di queste crisi — oggi guarda con paura al futuro. Quella paura, qualcuno ha raccontato che dovesse essere rivolta verso chi sta peggio. E qui il meccanismo, la strategia della destra nazionalista, di questa internazionale nera.
- La retorica che certe destre usano è la stessa [...] e utilizzandola si rafforzano a vicenda. Così il muro di Orban rafforza i porti chiusi di Salvini, rafforza Le Pen, il muro di Trump e le idee di Farage. Noi l'internazionalismo non lo possiamo lasciare ai nazionalisti. [...] Ma cacchio, mentre questi qui si fanno forza a vicenda, noi dove siamo? Perché sulle battaglie delle forze progressiste ed ecologiste delle sinistre europee non riusciamo a fare la stessa operazione e appoggiarci a vicenda? I nostri avversari esprimono una visione distorta della società e del futuro ma chiara. Noi non esprimiamo una visione chiara. Non possiamo rispondere alla visione degli altri né con il silenzio, né ammiccando a idee che non ci appartengono, né con la timidezza. Ma questo è esattamente quello che è successo in questi anni a tutte le forze socialdemocratiche europee. Bisogna quindi riconoscere che c'è stato un cedimento culturale. Non c'è stata da parte nostra la capacità di interpretare le grandi trasformazioni della società che hanno terrorizzato le persone. [«E ora che si fa?»] Ora non possiamo certo indicare con la stessa efficacia un nemico "altro". Tantomeno questo nemico lo possiamo identificare solo con il "fascista cattivo". Non è con un contrasto valoriale di questo tipo che riesci a ricostruire una connessione con quelle fasce che si sono empaticamente riconosciute in un messaggio diverso dal nostro. Bisognerà partire dal riconoscere che alcuni tra le fasce più svantaggiate sono davvero convinti che il problema dell'Italia sia stata l'immigrazione senza rendersi conto che in termini redistributivi abbiamo un problema più grosso. E poi scardinare questa retorica e spiegare che quel dito che gli altri puntano in giù per dire se oggi si sta male è per colpa dell'immigrato arrivato a Lampedusa, va girato all'insù perché l'unico “noi e loro“ di cui ha davvero senso discutere è quello che divide le 26 persone più ricche al mondo dalla metà più povera della popolazione mondiale, circa 3,8 miliardi di persone.
- Bisogna anche ricordarsi che chi fa politica ha una responsabilità che è quella non di soffiare sui venti della tensione sociale che le disuguaglianze inevitabilmente producono.
- Dalle piazze delle grandi mobilitazioni [...] ci vengono le maggiori speranze e i migliori insegnamenti sul come cambiare questa Europa. Prendiamo i Fridays for Future di Greta [Thunberg]. Sono stati così efficaci perché il tema di quella protesta è stato subito interpretato come un tema che andava oltre ogni frontiera generando movimenti in tutta Europa, movimenti che si sono alimentati a vicenda. Questo genere di spirale positiva ha un carattere molto più forte di qualsiasi discorso che abbiamo fatto a Strasburgo, anche e soprattutto al fine di mettere i temi che contano in agenda. L'indicazione non è solo sulle modalità, ma anche sui temi. Oggi noi siamo chiamati a guidare una svolta sia sul versante sociale che su quello ambientale e della transizione ecologica — che come avrai capito sono la mia ossessione — tenendo insieme ciò che la società sta già tenendo insieme e che solo la politica divide. Ricongiungendo diversi sentimenti di appartenenza.
Alice Fill, legrandcontinent.eu, 21 dicembre 2020.
- [«Quale credi possa essere, oggi, il ruolo della sinistra progressista europea per far fronte alla crescita delle disuguaglianze?»] Le forze progressiste, ecologiste e della sinistra dovrebbero farsi forti di una visione e di obiettivi comuni che, pur essendoci già, hanno una dimensione prevalentemente nazionale. Se il muro di Orbán rafforza i porti chiusi di Salvini e la politica di Le Pen e Farage, la professionalità del portoghese Antonio Costa nel risollevare l'economia avendo cura di ridurre le disuguaglianze non ha rafforzato allo stesso modo la sinistra europea. Ciò, in parte, è anche nostra responsabilità: siamo ancora troppo incagliati in dibattiti nazionali e ombelicali. L'esperienza al Parlamento europeo mi ha lasciato una profonda consapevolezza che con tanti colleghi e colleghe condividiamo le stesse battaglie, le stesse preoccupazioni per il futuro, ma anche le stesse risposte alle nuove sfide che ci troviamo davanti. [...] Credo che la politica abbia la responsabilità di non alimentare le tensioni sociali prodotte dalle disuguaglianze, ma di agire sulle loro cause profonde. In che modo? Con politiche redistributive, ascoltando i cittadini e non facendo mancare a nessuno una risposta commisurata al suo bisogno. Solo così si può evitare di prendersela con il vicino, che a volte sta pure peggio di noi.
- Sul tema del femminismo stiamo facendo dei passi in avanti molto importanti: le donne si stanno prendendo lo spazio che devono avere, senza aspettare che qualcuno glielo ceda. È ovvio che questo non succederà, viviamo ancora in una logica per cui ogni posto occupato da una donna significa innanzitutto un posto in meno occupato da un uomo. Non è vero che le donne sono una minoranza: siamo la maggioranza della popolazione mondiale. Il problema della sotto-rappresentazione nei luoghi dove si decide — in politica così come in economia — è un problema che riguarda tutti, per questo è importante coinvolgere anche gli uomini in questa sfida. Dato che la composizione della società è quella che conosciamo, in che modo si possono fare delle politiche capaci di rispondere ai bisogni della società, se teniamo un occhio chiuso? Manca una componente fondamentale. Assicurare la piena parità di genere è dunque cruciale. Risolviamo subito un equivoco diffuso, per cui ci si oppone alle quote rose in forza del merito: non ho mai visto nessuno fare questo ragionamento davanti a decenni di governi di soli uomini. Non rivendichiamo solo il diritto alla parità di genere nei luoghi in cui si decide, in quei luoghi rivendichiamo anche il diritto di sbagliare. Nessuno è mai andato a chiedere conto ad un uomo che si trovasse una posizione di potere in quanto uomo, e non per suo merito. La strada è lunga, la società italiana è ancora imbevuta di cultura maschilista e patriarcale, la violenza di genere è solo la manifestazione estrema di un humus culturale in cui la violenza attecchisce. E questa violenza passa attraverso la cultura, il linguaggio, gli stereotipi di genere, le rappresentazioni mediatiche e — a volte — anche istituzionali. Per questo è fondamentale sostenere la formazione delle donne in tutte le discipline, comprese quelle STEM [acronimo dall'inglese science, technology, engineering and mathematics]. Per questo è importante lavorare per la diffusione di un linguaggio esclusivo. Come ha detto una Professoressa dell'Accademia della Crusca, è giusto riferirsi alle donne parlando di ministra, assessora e avvocata perché quando nei documenti ufficiali rimarranno solo i nostri cognomi, è giusto che si ricordi che quella persona ha portato anche il suo essere donna nell'esercizio del potere.
- Leadership femminile e leadership femministe sono due cose radicalmente diverse. Non basta avere una donna leader per assicurarsi che abbia la capacità di "liberare" altre donne, soprattutto se la donna in questione è a capo di un partito che relega le donne ad un ruolo domestico, che non ne ha mai difeso i diritti, a partire dal diritto di scegliere sul proprio corpo e sul proprio futuro. Non abbiamo mai sentito queste leader spendersi sul tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro — un nodo essenziale per sostenere l'occupazione delle donne —, ma nemmeno per la loro partecipazione alla vita politica ed economica. Per quanto leadership femminile e femminista siano due cose distinte, è bene però che ci sia la parità di genere: sono contenta quando ci sono donne parlamentari, assessore, consigliere e leader di partito con cui litigare perché abbiamo una visione diversa su come fare per emancipare la condizione delle donne e delle ragazze.
- L'intersezionalità è fondamentale perché ci insegna che i diversi livelli di discriminazione non si elidono a vicenda, ma si sommano. Pensiamo alla condizione delle donne rifugiate [...]: ci sono almeno tre livelli di discriminazione che rischiano di intrecciarsi, economica, razziale e di genere. I diversi livelli di discriminazione sono infatti spesso frutto della stessa matrice oppressiva: è per cambiare questo modello che è necessario unire le lotte. Si tratta di un passaggio fondamentale. Credo — e spero — che le nuove generazioni stiano maturando una sensibilità in grado di andare in questa direzione. Partecipando in punta di piedi alle straordinarie mobilitazioni che [...] gremivano le piazze per difendere la parità di genere, per rispondere all'emergenza climatica, per mostrare solidarietà ai migranti e lottare per un lavoro degno, ho visto importanti aree di sovrapposizione. Di fronte a tali sovrapposizioni mi chiedo perché la politica sia così in ritardo, perché continui a cercare di dividere ciò che nella società, sempre più spesso, marcia insieme. Non si può chiedere a quelle piazze se si sentono più vicine a Greta Thunberg o a Carola Rackete. Poco dopo l'insediamento di Trump, alla London Women's March le femministe marciavano fianco a fianco con i movimenti ambientalisti, con i movimenti di seconda generazione che si battono per la piena eguaglianza dei diritti, con i movimenti LGBT+: tutto questo, insieme, ci servirà a scrivere una pagina migliore.
Intervista di Gloria Riva, espresso.repubblica.it, 25 luglio 2022.
- L'errore più grande che potremmo commettere è ritardare ulteriormente la conversione ecologica e riprodurre il modello che ci ha portati fino a qui, in nome di altre urgenze. Queste crisi intrecciate prendono il nome di sindemia: alla crisi economica e finanziaria, che ha cominciato a mordere le caviglie della fascia più povera della popolazione nel 2008, si è aggiunta la pandemia mondiale e una serissima crisi climatica, tutt'altro che imprevedibile, in grado di produrre effetti devastanti sui nostri territori e nelle nostre comunità. Se a ciascuna di queste crisi offriamo risposte plasmate sul modello sociale ed economico convenzionale, allora favoriamo un costante indebolimento della società, sempre più esposta al rischio di subire nuove crisi. Serve il coraggio di scartare in un'altra direzione, di modificare alla radice il modello.
- L'innovazione tecnologica e la transizione energetica, se non guidate da politiche redistributive e da una consapevole tutela del lavoro, producono cottimo e sfruttamento ed è qui che manca l'azione politica. Manca la mobilitazione sindacale che negli anni '60 ha portato allo statuto dei lavoratori, ma da allora il lavoro è profondamente cambiato. Quindi è necessario che la politica favorisca da un lato un moderno statuto dei lavoratori e delle lavoratrici a tutela dei nuovi lavori, dall'altro la nascita e la crescita di imprese ambientalmente sostenibili e di adeguate professionalità.
- L'Italia, che è il paese del sole, dell'acqua e del vento, deve sfruttare queste caratteristiche a proprio favore, evitando gli errori commessi in passato. Perché è già successo che agli incentivi economici per la produzione di rinnovabili non sono seguite adeguate politiche industriali di sviluppo della filiera industriale sottostante. Il mancato sostegno allo sviluppo dell'economia verde, che è ad alta intensità di lavoro e offre opportunità professionali competitive, sarebbe un danno enorme per il futuro del paese. Abbiamo bisogno di puntare su settori industriali ad alta produttività, come la produzione di energia verde, ridimensionando quegli ambiti che non offrono altrettanta ricchezza occupazionale. Per farlo è indispensabile favorire la formazione di competenze ecologiche e digitali e la creazione di nuove imprese. Non esistono alibi [...]
- La via è questa: la politica deve agire affinché la transizione ecologica diventi un bene desiderabile.
Interventi alla Camera dei Deputati
modificaCitazioni in ordine temporale.
Dall'intervento alla seduta del 23 novembre 2022
Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 13 di mercoledì 23 novembre 2022
- Il presupposto malato di un diritto al possesso sul corpo della donna non nasce - come spesso leggiamo, in un'inaccettabile narrazione mediatica che assume il punto di vista del carnefice - da un raptus, da folle gelosia o da un amore disperato, ma dal patriarcato. È un dato incontrovertibile: la violenza sulle donne nella società patriarcale non è episodica, ma strutturale.
- Bisogna prendere molto sul serio le segnalazioni di violenze e molestie, anche prima che prendano la forma di una denuncia alle Forze dell'ordine, dal momento che otto donne su dieci non denunciano perché temono di non essere credute. Forse perché, attraverso la vittimizzazione secondaria, ci si permette di misurare la credibilità di una denuncia in base al tempo che ci ha messo la vittima a denunciare, come se non fosse una questione spesso di dislivello di potere o di paura, o forse perché si minimizzano costantemente gli episodi di cat calling, che non è una simpatica tecnica di approccio, ma una forma di molestia, in Francia punita con una norma apposita.
- La sfida culturale va vinta con un impegno, che inizi prima che sia troppo tardi, per sradicare il pregiudizio sessista, già sui banchi di scuola, con un grandissimo investimento sull'educazione alle differenze e non certo per cancellarle, ma per metterle a valore, assicurando a tutte e a tutti uguali diritti e dignità di persone.
- [...] la violenza patriarcale non colpisce solo le donne, colpisce anche le persone LGBTQI+, che sono persone con diritti e non certo un abominio [Riferendosi alle dichiarazioni di Lucio Malan].
- Altro tassello fondamentale - lo sappiamo - nel contrasto alla violenza di genere è l'emancipazione economica delle donne: solo così si potranno liberare anche da quel ricatto.
- Attenzione: cancellare il reddito di cittadinanza vuol dire cancellare strumenti di emancipazione.
- Alle donne che fuoriescono dalla violenza bisogna garantire la casa - bene il “reddito di libertà”, ma servono più risorse perché quelle attuali ancora non bastano - e poi un lavoro dignitoso, non povero o precario; bisogna anche chiudere i divari salariali e occupazionali di genere e investire nelle infrastrutture sociali ed educative per liberare le donne dal carico di cura che grava sproporzionatamente sulle loro spalle e le frena nel lavoro.
Dall'intervento alla seduta del 5 dicembre 2022
Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 13 di lunedì 5 dicembre 2022
- Basta incontrare ed ascoltare le categorie del settore per sapere che l'agricoltura è tra le vittime più colpite dell'emergenza climatica. Eventi climatici estremi, sempre più frequenti e sempre più intensi, che causano danni e causano incertezza alla continuità produttiva, la siccità di quest'estate, ma anche le insolite gelate in periodi inconsueti, cimice asiatica e altri agenti esterni patogeni: una fragilità che la nostra agricoltura non aveva mai conosciuto prima. Ma l'agricoltura sa di essere anche una delle responsabili delle emissioni climalteranti.
- Dobbiamo ritrovare l'equilibrio col pianeta, perché [...] di pianeta ne abbiamo solo uno e non lo abbiamo in proprietà, tutt'al più lo abbiamo in prestito e dovremo restituirlo alle prossime generazioni.
- Quando la guerra si fa sui prezzi al massimo ribasso bisogna sempre pensare a chi sta pagando il nostro risparmio, non può essere fatto a spese delle più basilari tutele dei diritti del lavoro; perché di persone costrette a lavorare 14 ore al giorno per quattro euro all'ora, se e quando vengono pagate, non ne possiamo più vedere! Se lasciamo che si insinui il seme della ricattabilità nella nostra società ne germoglierà un'ingiustizia sociale che non riguarda solo quei lavoratori e quelle lavoratrici, ma ci riguarderà tutti come comunità.
Citazioni su Elly Schlein
modifica- Ho letto giorni fa una lunga intervista di Schlein su Repubblica, un’intera pagina in cui è riuscita a non pronunciare mai due parole: Partito democratico. (Luigi Zanda)
- [Sulla candidatura a segretaria del Partito Democratico] Non ha neppure la tessera del Pd. Sarebbe il classico Papa straniero. È una figura interessante; non una leader. (Carlo De Benedetti)
Note
modifica- ↑ a b Dall'intervista di Alessia Arcolaci, Tutti pazzi per Elly Schlein: una nerd, innamorata dell'Emilia, vanityfair.it, 29 gennaio 2020.
- ↑ Dall'intervista di Francesco Oggiano, Elly Schlein: «Con i 5 stelle neanche una settimana, amo la libertà d'espressione», rollingstone.it, 1º febbraio 2020.
- ↑ a b Dall'intervista di Raffaele Panizza a Vogue Italia, novembre 2020; citato in Non sono una vittima. Intervista a Elly Schlein, vogue.it, 12 novembre 2020.
- ↑ a b Dall'intervista di Silvia Bignami, Elly Schlein: "Destra pericolosa, mira ai pieni poteri. Il M5S? Speravo in una intesa", bologna.repubblica.it, 14 agosto 2022.
- ↑ Da un'intervista a In onda, LA7; citato in Elly Schlein: "Meloni è una leadership inutile per le donne", ilrestodelcarlino.it, 18 agosto 2022.
- ↑ Dall'intervista di Francesca Schianchi a La Stampa; citato in Schlein: "Andrò nei luoghi di confine, sono certa che si possa vincere", partitodemocratico.it, 23 agosto 2022.
- ↑ Citato in Giulia Cecchettin, Meloni: "Dramma inconcepibile". Schlein: "Subito una legge", tg24.sky.it, 19 novembre 2023.
Altri progetti
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