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Ducati Desmosedici

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Ducati Desmosedici (2008)

Citazioni sulla Ducati Desmosedici.

Citazioni

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  • Ad un certo punto, quando partivo per un test, spesso al Mugello, mentre uscivo di casa dicevo a me stesso: chissà se stasera torno a casa. [...] [La versione 2002 della Desmosedici] non aveva un nome preciso, forse perché era una moto che sapevamo non avrebbe mai corso. Ma è quella, la 2002, la vera prima Desmosedici. L'avventura è iniziata lì. Nel 2002. [...] [«Già, come iniziò? Cioè, la Desmosedici dove ha percorso il primo chilometro in pista?»] Andammo in pista nella tarda primavera del 2002, con la "2002". E andammo sulla pista di Ladoux, a Clermont Ferrrand. La pista privata della Michelin... Saremmo dovuti andare a Vallelunga, ma ci fu un problema: non venne tenuto il segreto. Quel test doveva essere assolutamente segreto, perché la moto non è che fosse nuova: non aveva ancora percorso un solo metro! Non volevamo pressioni, perciò niente spettatori e soprattutto giornalisti. Ma la notizia uscì, infatti un giorno mi chiamò un giornalista italiano, per chiedermi quando saremmo andati a Vallelunga... Chiamai in azienda, non mi ricordo se parlai con Livio [Suppo] o Filippo [Preziosi], comunque dissi che la cosa si sapeva già e le date e i dettagli che il giornalista mi aveva fornito erano quelle giuste. [...] infatti saltò il test e venne scelto di andare nella pista privata della Michelin, a Ladoux, in Francia. Lì non c'è niente attorno, non vedi niente, e nessuno sa niente: c'è persino il divieto di sorvolo. (Vittoriano Guareschi)
  • [«Com'era [...] la Ducati MotoGP del 2007, quella con la quale hai vinto il Mondiale? Eri l'unico a guidarla così forte»] Era estremamente difficile. Quella del 2007 in particolare è stata la moto più difficile che io abbia guidato nella mia carriera. Tutti pensano che siccome riuscivo a essere competitivo la moto funzionava bene ma c'erano un sacco di altre Ducati in pista e non andavano da nessuna parte. Era davvero particolare. Addirittura spaventosa in certi momenti. Quando pensavi di averla capita sbagliavi. C'erano un sacco di cose complicate. L'acceleratore ride by wire non dava feeling, nella prima parte di rotazione del comando non sentivi alcuna connessione col motore e questo spesso innescava dei pompaggi; il tiro catena era un disastro; il motore non aveva accelerazione. Sì, avevamo potenza agli alti ma niente in basso. La moto non girava. Di buono aveva la stabilità in frenata e la velocità in quarta, quinta e sesta marcia. Dovevo essere davvero al limite in molti punti della pista per essere competitivo con quella moto. (Casey Stoner)
  • La prima che ho guidato è stata la 2001, mi piaceva tantissimo perché era una botta di potenza, un turbine sotto al culo. All'inizio non avevamo neanche il ride by wire, il gas era attaccato ai corpi farfallati con un filo. Non c'era controllo di trazione o anti-wheeling, non avevamo nemmeno la frizione a controllo elettronico. C'era un antisaltellamento derivato dalla Superbike, era tutta da domare. L'ultima che ho usato invece, nel 2011, era molto simile alle moto di oggi: controllo di trazione, anti-wheeling, potenza da decidere per ogni marcia, la moto sapeva in quale curva si trovava in quel momento e quanta potenza serviva in quella curva... Dal lavoro meccanico degli inizi siamo arrivati ad una moto che funzionava con l'elettronica. (Vittoriano Guareschi)
  • La prima volta che provai la moto dissi subito due cose: primo, questa moto non si guida; secondo, se la moto è questa tenetevi stretto Stoner perché un altro così non lo trovate più. Loro mi mandarono dallo psicologo. La moto era troppo rigida: motore portante e un telaietto che lo collegava al cannotto, tutto così rigido che non sentivi neanche ciò che faceva la ruota davanti. Sbagliavo io? Non credo proprio: i fatti dimostrarono in seguito che avevo ragione. (Marco Melandri)
  • [Nel 2007] Sinceramente, in tutta la mia carriera non ho mai corso contro una moto che va così più forte delle altre... (Valentino Rossi)
  • Stoner non faceva vedere i limiti della moto, che era una moto veramente complicata. Dopo il primo giorno di test dissi all'ingegner Filippo Preziosi di pagare Stoner tutto quello che avrebbe voluto, perché sarebbe costato sempre meno di rifare la moto per far andare forte tutti. (Marco Melandri)
Loris Capirossi all'esordio ufficiale sulla Ducati Desmosedici nel Gran Premio del Giappone, 6 aprile 2003: «Era ignorante, come si dice dalle nostre parti, e nel 2004, poi, diventò una moto-razzo: in rettilineo raggiunsi i 350 Km/h, peccato non curvasse».
  • Ero in prima fila ad osservarla [alla presentazione, nel 2002], ero un tifoso di Ducati in SBK, dove dominava. Forse sono stato più coraggioso di altri piloti che rifiutarono quella sfida. Io invece l'ho accettata con entusiasmo, insieme a Bayliss. Però il primo test era stato uno shock: la moto era velocissima ma non andava dritta. Non so più quanti telai cambiammo già in quelle prime prove, cercavamo di irrigidire tutto. [...] La Ducati scaldava tantissimo, al Mugello io e Troy ci ustionammo le gambe. Era una moto grezza, perdeva olio, finiva sulle gomme e ti lanciava in aria. Ogni volta, prima di spingere, dovevamo guardarci i piedi per controllare non ci fosse del lubrificante. Era ignorante, come si dice dalle nostre parti, e nel 2004, poi, diventò una moto-razzo: in rettilineo raggiunsi i 350 Km/h, peccato non curvasse.
  • La forza che la Desmosedici ha sempre dimostrato scaturisce dalla grande passione dell'Azienda, unita al fatto che essa si sia dimostrata anche molto forte a livello ingegneristico.
  • La prima volta che provai la moto a Valencia faceva paura, non andava dritta neanche in rettilineo. Ma già nei test invernali di Barcellona ho fatto il miglior tempo, sul giro secco era fantastica anche se era molto faticosa da guidare per una gara intera. Poi arrivò il podio all'esordio di Suzuka, e la prima vittoria a Barcellona. Me la porto nel cuore quella moto, ce l'ho ancora nel salotto di casa: ogni tanto mi viene voglia di riaccenderla e andarci a fare un giro in pista. Ma non ho mai avuto il coraggio di farlo...
  • Penso che io sia stato la bandiera di questa Desmosedici perché comunque l'ho vista nascere e l'ho portata per primo alla vittoria! Ho lavorato allo sviluppo di questa moto e mi sento un po' come se ne fossi un padre, questo è chiaro!
  • La Desmosedici ti dà più delle altre, ma solo se la guidi in una maniera più estrema rispetto alle altre.
  • [Nel 2007, «perché la Desmosedici ha questa natura così sanguigna?»] La moto è in questo modo perché lo siamo noi che l'abbiamo fatta! Anche se ha quattro cilindri invece di due è pur sempre una Ducati e si porta dentro quel patrimonio squisitamente racing che ha sempre caratterizzato le nostre moto. Mi spiego meglio: avendo a disposizione un budget inferiore rispetto ad alcuni nostri concorrenti, cerchiamo di curare solo gli aspetti che generano la prestazione. Il nostro gruppo è talmente piccolo che, se disperdessimo le nostre risorse nel fare ogni cosa che ci viene in mente, non raggiungeremmo il risultato che ci siamo prefissati. Per questo, certe volte, accanto a delle soluzioni estremamente sofisticate, sulla Desmosedici se ne vedono altre molto semplici, degne di una special da trofeo. In pratica, ogni volta che facciamo una cosa ci chiediamo: questa è una cosa importante, indispensabile e che fa andare più forte la moto? Se non lo è, ce ne sono altre mille da fare prima...
  • [Nel 2007] Questa Desmosedici è nata pazza. Aveva potenza, velocità, ma un carattere scorbutico che le toglieva efficienza, continuità, equilibrio. [...] Le ho dato equilibrio, ma le ho impedito di rinsavire. Così è nato il prodigio. Capirossi lo ha battezzato, Stoner lo ha consacrato.

Voci correlate

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