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Roberta Tatafiore

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«E Dio non voglia che arrivi anche da noi una legislazione come quella svedese, contro il “cliente” e per la rieducazione delle prostitute!»

Roberta Anna Antonietta Tatafiore (Foggia, 22 gennaio 1943Roma, 14 aprile 2009) è stata un'attivista e scrittrice italiana, femminista e libertaria, [2] poetessa e studiosa del fenomeno della prostituzione e della sessualità femminile. Laureata in sociologia, si è occupata dei rapporti annuali sulla pornografia per l'Eurispes[1].

Nata nel 1943, inizia l'attività di giornalista negli anni in cui, assieme a Rossana Rossanda, frequentava il Centro Studi Virginia Woolf. Con Maria Adele Teodori, giornalista e scrittrice radicale, fondarono Lucciola, mensile dedicato ai diritti civili delle prostitute[1], organo del Comitato per i diritti civili delle prostitute.

Ha collaborato con L'Unità, Noi donne, il manifesto e, nei suoi ultimi anni, anche con il Giornale, Libero, il Foglio e con il Secolo d'Italia dove ha tenuto insieme ad Isabella Rauti la rubrica Thelma & Louise[3].

Roberta Tatafiore è stata sposata, dal 1970 al 1976, con l'artista Paolo Cotani (1940-2011).

È stata in Italia la curatrice e traduttrice del best seller tedesco Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, descrizione della vita di Christiane Vera Felscherinow, ragazza che si prostituisce per sostenere la propria tossicodipendenza.

È morta suicida il 14 aprile 2009 in seguito all'assunzione, l'8 aprile, di un mix di alcol e barbiturici in un hotel del quartiere Esquilino, a Roma, non lontano da casa sua (nella quale, come si apprende nel suo diario postumo, Roberta non voleva morire). La morte è sopravvenuta all'ospedale S. Giovanni di Roma, dopo sei giorni di coma. Poco prima di recarsi in hotel per suicidarsi, Roberta ha spedito a cinque persone amiche, cinque chiavette elettroniche contenenti il suo diario (pubblicato postumo) ed una lettera in cui spiega il suo gesto, meditato e libero. I plichi giunsero nei giorni in cui Roberta era in coma in ospedale. Riposa al Verano di Roma, accanto ai genitori ed al cognato.[4]. I mesi di preparazione alla libera morte (Freitod, in tedesco) sono documentati dalla sua ultima opera letteraria, La parola fine, diario di un suicidio[5]. In uno dei suoi ultimi articoli, pubblicato sulla rivista DeA, Donne e Altri, intervenendo sul caso Eluana Englaro, rivendicava il diritto di scelta di ciascuno sui propri ultimi istanti di vita[3].

Voci correlate

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Controllo di autoritàVIAF (EN58352979 · ISNI (EN0000 0001 1950 2586 · SBN CFIV029248 · LCCN (ENn96106264 · GND (DE1141794543 · BNF (FRcb165076993 (data)