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Suq

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Suq (disambigua).
Suq ad Esna, in Egitto

La parola suq (in arabo سوق?) indica il mercato organizzato in corporazioni, luogo deputato allo scambio delle merci. In italiano è tuttavia normalmente scritto con una diversa grafia: suk,[1] maggiormente in uso nella letteratura francofona.

Nell'Islam classico costituiva - insieme alla moschea e al Palazzo del potere - il terzo centro funzionale della città musulmana. A differenza della Moschea o del Palazzo, il sūq non occupava quasi mai il centro della città a causa dell'invasività di certe arti e professioni che potevano arrecare disturbo, per i rumori o gli odori sgradevoli, all'ordinato e quieto vivere perseguito dalle autorità pubbliche.

Come nelle città cristiane medievali, l'economia era strutturata su basi corporative e di ogni arte o mestiere veniva rappresentata da un Maestro, coadiuvato da aiutanti dotati di esperienza e autorevolezza. Ad essi era demandato il corretto andamento dei commerci grazie anche al concreto aiuto del muḥtasib (sovrintendente) o del ṣāḥib al-sūq ("signore del mercato" - da cui l'antico spagnolo zabazoque) -, che, con poteri di polizia annonaria, assicuravano il corretto uso di pesi e misure, reprimendo ogni frode con l'intervento di una specifica forza di polizia (shurṭa) che poteva irrogare pene pecuniarie o l'arresto dei colpevoli.

Le diverse tipologie di merci determinavano la struttura del sūq, che si sviluppava, all'interno di strutture murarie protette, secondo un andamento che potremmo definire a cerchi concentrici, con le professioni e le arti legate a merci non deteriorabili disposte al centro (poteva essere questo il caso degli orafi e dei profumieri), con quelle a impatto medio nel secondo cerchio (alimenti aridi, tessuti, calzature) e con le arti e professioni più "inquinanti" verso l'esterno (lattonieri, tintori, macellerie, pescherie, animali vivi al dettaglio). Ogni genere commerciabile veniva così ad operare accanto a quello dei propri concorrenti, così da agevolare il cliente nelle valutazioni comparative.

L'apertura e la chiusura dei commerci erano rigidamente scandite da un orario di cui erano garanti i Maestri delle arti e delle corporazioni. Essi inoltre organizzavano l'ingresso dei novizi e il loro apprendistato. Il sistema, come tendenzialmente ogni sistema corporativo, era chiuso, si apparteneva a un'arte o a una corporazione per diritto di nascita e di eredità, salvo sporadici ed eccezionali casi autorizzati espressamente dal potere o dalla stessa arte o corporazione.

Damasco è celebre per i suoi sūq caratteristici, di cui si ricordano principalmente al-Ḥamīdiyye (così chiamato perché il committente fu il sultano ottomano ʿAbd al-Ḥamīd, quello di Midḥat Pāshā (dal nome di un noto politico d'età ottomana), al-Ḥarīr (mercato della seta, in arabo "seta"), al-Khayyāṭīn (lett. "sarti": mercato della merceria), Buzūriyye (mercato delle spezie, dall'arabo buzūr, "semi"), al-Ṣāgha (mercato dell'oreficeria, in arabo ṣiyāgha, "oreficeria").

Sempre in Siria, ad Aleppo, vi è il più grande suq al mondo, con una lunghezza di 13 km. In tale mercato si ha una vasta tipologia di settori merceologici.[2]

Al Cairo si trova un grande suq chiamato Khan el-Khalili.

  • E. Lévi-Provençal, "L'urbanisme musulman", in: Mélanges d'histoire et d'archéologie de l'Occident musulman, Hommage à G. Marçais, Algeri, 1957, I, pp. 219–231.
  • A. ‘Abd ar-Rāziq, "La hisba et le muhtasib en Égypte au temps des Mamlūks", in Annales Islamologiques, XIII (1977), pp. 115–178

Voci correlate

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