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Mario Roatta

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Mario Roatta
Il Generale Roatta in uniforme da Generale di corpo d'armata
SoprannomeLa bestia nera
NascitaModena, 2 febbraio 1887
MorteRoma, 6 gennaio 1968
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
Anni di servizio1906 – 1944
GradoGenerale designato d'armata
Feriteferita al braccio
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra civile spagnola
Seconda guerra mondiale
Campagne
BattaglieBattaglia di Málaga
Battaglia di Guadalajara
Mancata difesa di Roma
Comandante diStato Maggiore del Regio Esercito
84º Reggimento "Venezia"
Servizio Informazioni Militari
Corpo Truppe Volontarie
Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia
6ª Armata
Decorazioni3 medaglie d'argento al Valor Militare
voci di militari presenti su Wikipedia

Mario Roatta (Modena, 2 febbraio 1887Roma, 6 gennaio 1968[1]) è stato un generale e agente segreto italiano.

Mario Giuseppe Leon Roatta nacque a Modena il 2 febbraio 1887 da Giovan Battista Roatta e da Maria Antonietta Richard.

Il padre, originario del cuneese[2], era capitano del Regio Esercito.

Nel 1906 divenne sottotenente di fanteria. Dopo aver frequentato la scuola di guerra fu trasferito con il grado di capitano allo stato maggiore dell'esercito. Durante la prima guerra mondiale combatté sia sul fronte francese sia su quello italiano; fu promosso nel 1917 a tenente colonnello, e decorato con tre medaglie d'argento al valor militare. Nel primo dopoguerra fu addetto militare presso le ambasciate italiane a Varsavia (1927-1931, con competenza su Riga, Tallinn e Helsinki). Nel 1930 fu promosso colonnello.

A Varsavia, sempre all'inizio del 1930, Roatta compì un'analisi dei concetti di impiego tattico dello Stato Maggiore francese, entrando in contatto con gli ufficiali superiori francesi che dirigevano la scuola di guerra polacca. Dopo un periodo al comando dell'84º Reggimento "Venezia" dal 15 dicembre 1930 al 1º luglio 1933, nel 1934 divenne capo del Servizio Informazioni Militari, e vi rimase fino all'agosto 1939, anche se solo sul piano formale, poiché dal 1936 fu nominato comandante del Corpo Truppe Volontarie (CTV) italiane nella guerra civile spagnola, al fianco delle truppe golpiste guidate da Franco[3].

In questa spedizione rivestì un ruolo di discreta rilevanza, soprattutto dopo che rimase ferito a un braccio durante l'attacco a Malaga, che concluse con una vittoria e con la cattura di circa 10 000 prigionieri repubblicani; in seguito Roatta divenne generale di brigata. Nel marzo del 1937 subì una dura sconfitta a Guadalajara contro la XII Brigata internazionale, comprendente il Battaglione Garibaldi, formato quasi prevalentemente da volontari italiani antifascisti. Poco tempo dopo il suo ruolo fu ridimensionato e il comando dei volontari fu assunto dal generale Ettore Bastico[3].

Mentre Roatta era impegnato al comando della spedizione in Spagna, il controllo effettivo del SIM era passato nelle mani del colonnello Paolo Angioy. Secondo risultanze giudiziarie, Roatta insieme con Angioy, il colonnello Santo Emanuele e il maggiore Roberto Navale, sarebbe stato l'ideatore del piano per uccidere i fratelli Rosselli, assassinati in Francia nel 1937[4].

Nominato addetto militare a Berlino dal luglio al novembre 1939 seguì, con questa veste, la crisi di Danzica e lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Sempre da Berlino, ebbe competenza anche su Svezia, Danimarca, Finlandia e Lituania, e redasse quindi importanti e dettagliati rapporti sull'apparato militare degli Stati baltici a poche settimane dall'invasione sovietica. In un altro rapporto dell'ottobre, mise in evidenza i positivi risultati delle truppe corazzate e meccanizzate della Wehrmacht. Tornato in Italia fu nominato sottocapo di stato maggiore nel 1940. Con questo incarico riuscì a eludere i tedeschi nella preparazione dei piani di attacco a sorpresa della Grecia.

Dal 24 marzo 1941 fino al 19 gennaio 1942 fu Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano.

La guerra in Jugoslavia

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Mario Roatta, in qualità di comandante dell'esercito italiano nella provincia di Lubiana, il 1º marzo 1942[5] emanò la "Circolare 3C", che equivalse a una dichiarazione di guerra contro la popolazione slovena civile.[6][7] Le disposizioni del generale Mario Roatta erano del tutto simili a quelle impartite dai comandanti tedeschi[8]: rappresaglie, incendi di case e villaggi, esecuzioni sommarie, raccolta e uccisione di ostaggi, internamenti nel campo di concentramento di Arbe e nel campo di concentramento di Gonars.

Il 20 gennaio 1942 venne nominato comandante della 2ª Armata in Croazia dove ordinò nella guerra partigiana di "...applicare le sue disposizioni senza false pietà", dando così inizio a una vera e propria azione di terrore contro i civili che davano supporto logistico alle bande partigiane. Applicando la circolare 3C dove si diceva di applicare il criterio della testa per dente, vennero devastati numerosi villaggi.

Il generale Roatta emanò inoltre anche ordini espliciti: "(...) Se necessario, non rifuggire da usare crudeltà. Deve essere una pulizia completa. Abbiamo bisogno di internare tutti gli abitanti e mettere le famiglie italiane al loro posto"[9], "(…) l'internamento può essere esteso… sino allo sgombero di intere regioni, come ad esempio la Slovenia. In questo caso si tratterebbe di trasferire, al completo, masse ragguardevoli di popolazione… e di sostituirle in loco con popolazioni italiane"[10][11].

Il ruolo nel salvataggio degli ebrei in Dalmazia

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La Germania nel 1942 aveva richiesto all'Italia la consegna degli ebrei che erano stati isolati e in parte già internati in apposite strutture delle zone occupate, soprattutto della Dalmazia. L'iniziale risposta di Mussolini era stata accondiscendente, tuttavia alle assicurazioni del Duce non seguivano fatti coerenti delle amministrazioni periferiche. Peraltro, il Vaticano si muoveva con monsignor Montini (in seguito papa Paolo VI) e altri alti prelati per scongiurare l'ipotesi, sebbene solo nel novembre dello stesso anno il segretario di Stato pontificio chiese formalmente all'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Raffaele Guariglia di non procedere alla consegna. La richiesta faceva seguito a trattative localmente intessute dal vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin, che aveva avviato un carteggio con Roatta, comandante della 2ª Armata e responsabile della forza di occupazione italiana; in questi scambi Roatta aveva promesso che, se pure non poteva trasferire gli ebrei in Italia, comunque poteva trattenerli nella zona occupata[12].

In realtà, intanto l'ordine di Mussolini aveva formalmente e ufficialmente solo scopi di identificazione, nonché il proposito di rendere alle autorità croate quelli che fossero stati riconosciuti cittadini croati. Incominciarono dunque a pervenire a Roma diversi pareri di autorità italiane che sconsigliavano di aderire alla richiesta dell'alleato germanico: il generale dei Carabinieri Giuseppe Pièche comunicò che la sorte dei deportati cominciava a essere nota presso le truppe, provocando malcontento, mentre serbi e musulmani si affidavano al tricolore temendo che la sorte potesse volgere anche a loro pericolo. Il governatore della Dalmazia Giuseppe Bastianini era poco dopo andato nella Capitale a esprimere le stesse perplessità. A distanza di solo qualche giorno, andò a Roma anche Roatta, per il quale l'eventuale consegna avrebbe provocato irritazione nella popolazione locale, agitazione della minoranza serba e grave complicazione delle attività di controllo; tutto ciò mentre negli alti gradi militari e diplomatici serpeggiava autonoma insofferenza per l'ingerenza tedesca in sfere di esclusiva competenza nazionale[12].

C'erano naturalmente anche diffuse contrarietà limpidamente basate su questioni umanitarie; a ogni modo si sviluppò un ostruzionismo che si nutriva di cavilli evasivi ed espedienti burocratici, che ritardava ogni giorno di più la consegna, sino a che nel 1943 Mussolini, messo alle strette dai tedeschi, sentiti i responsabili italiani delle aree coinvolte, fra cui anche Roatta, negò definitivamente la consegna[12].

La 2ª Armata decise in più occasioni di proteggere i villaggi serbi e la popolazione ortodossa dai massacri croati. Bande di cetnici furono persino armate dagli italiani e inquadrate come forze ausiliarie. Analoghe testimonianze provengono dagli archivi tedeschi i quali sostengono che le truppe al comando di Roatta si interposero spesso tra gli ustascia e le comunità in pericolo. Ciò nonostante truppe italiane, dietro suo ordine diretto o raccomandazione generale, fucilarono prigionieri partigiani, rifiutarono la resa ad alcuni reparti della resistenza iugoslava, applicarono le rappresaglie, prelevarono ostaggi tra la popolazione civile, e fecero terra bruciata dei borghi sospettati di dare rifugio ai partigiani. Spesso senza nessuna motivazione plausibile. Gli stessi nazisti criticarono i metodi troppo drastici che applicava il generale Roatta con la sua Armata nei territori italiani. In un bollettino, Roatta specificava: "Non occhio per occhio e dente per dente! Piuttosto una testa per ogni dente".

Il 5 febbraio 1943, Roatta venne posto al comando della 6ª Armata in Sicilia, mentre il 1º giugno venne nuovamente nominato Capo di Stato Maggiore dell'Esercito oltre che comandante delle forze armate della Sicilia (lo resterà fino al 18 novembre 1943).

Ruolo nel Governo Badoglio

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Con l'insediamento del nuovo governo retto da Badoglio, Roatta conservò la carica di Capo di stato maggiore dell'esercito. Fu lui, durante il difficile periodo dei 45 giorni, a reprimere le manifestazioni inneggianti la fine del regime, attraverso la cosiddetta "circolare Roatta"[13][14] in cui si dava ordine alle forze armate e alle forze dell'ordine di intervenire, anche con la forza, nella repressione di ogni manifestazione.

«...poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine... muovendo contro gruppi di individui che perturbino ordine o non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento e si faccia fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche.»

Secondo diversi autori, sarebbe stato in seguito a questi ordini di Roatta che nei cinque giorni successivi al 25 luglio 1943 si ebbero, negli scontri, 93 morti, 536 feriti e 2 276 arresti.[15]

Fu Roatta a firmare la circolare op. 44, elaborata per le Forze Armate sin dalla fine di agosto dal generale Ambrosio e dallo Stato maggiore dell'esercito e posta a conoscenza dei Comandanti di armata tra il 2 e il 5 settembre 1943. In tale circolare si ordinava "di interrompere a qualunque costo, anche con attacchi in forze ai reparti armati di protezione, le ferrovie e le principali rotabili alpine" e di "agire con grandi unità o raggruppamenti mobili contro le truppe tedesche". La circolare op. 44 ne ricalcava una del precedente 10 agosto, ma la sua attuazione era condizionata a ordini successivi[17]. Inoltre, il documento cartaceo della circolare op. 44 doveva essere distrutto col fuoco immediatamente dopo la notifica[18].

Nella notte fra l'8 e il 9 settembre, dopo l'annuncio del maresciallo Badoglio dell'avvenuta stipula dell'armistizio con le forze alleate, Ambrosio e Roatta ritennero che l'ordine alle Forze Armate di attuazione dalla circolare op. 44 dovesse essere firmato dal maresciallo Badoglio, ma non riuscirono a rintracciarlo in tempo utile[19]. Di conseguenza, le Forze Armate italiane rimasero senza ordini efficaci di fronte all'avanzare dell'esercito tedesco.

Alle ore 5:15 del 9 settembre, a battaglia in corso e all'insaputa del suo superiore Vittorio Ambrosio, il generale Roatta impartì al generale subordinato Giacomo Carboni, comandante del Corpo d'Armata Motocorazzato posto a difesa di Roma, l'ordine di spostare su Tivoli la 135ª Divisione corazzata "Ariete II" e la 10ª Divisione fanteria "Piave" e di disporvi una linea di fronte escludente la difesa della capitale. Roatta informò inoltre Carboni che a Tivoli avrebbe ricevuto ulteriori ordini dallo Stato Maggiore che si sarebbe provvisoriamente insediato a Carsoli[20]. Poco dopo, Roatta lasciò Roma, accodandosi al convoglio di autovetture con a bordo Vittorio Emanuele III e la sua famiglia, il Primo ministro maresciallo Badoglio, il Capo di Stato maggiore Ambrosio e i ministri militari (tranne il generale Antonio Sorice), diretto alla volta di Pescara, per poi imbarcarsi a Ortona sulla corvetta Baionetta, che portò tutti nelle retrovie alleate del Sud Italia.

Il processo per la mancata difesa di Roma

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Lo stesso argomento in dettaglio: Mancata difesa di Roma.

Alcuni mesi dopo, Roatta fu accusato per la mancata difesa di Roma che era stata rapidamente occupata dalla Wehrmacht tedesca. Il 12 novembre 1943, venne destituito da ogni incarico.

Nel corso delle indagini della Commissione d'inchiesta, il 16 novembre 1944, Roatta fu arrestato[21]. La commissione gli attribuirà responsabilità riguardanti anche la disfatta dell'8 settembre nel suo complesso.

Poi, nel 1945, fu chiamato in giudizio dall'Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo per l'omicidio dei fratelli Rosselli. Va osservato che le accuse circa la responsabilità del delitto Rosselli presero forma in modo un po' animato[Eufemismo], in quanto dopo la guerra il colonnello Santo Emanuele sua sponte si presentò a Mario Berlinguer, Alto Commissario che (istituzionalmente) indagava sul Servizio informazioni militare (SIM), indicando il generale Paolo Angioy come mandante; "prodigiosamente" apparve subito, però, documentazione che pareva escludere l'estraneità dello stesso Emanuele, il quale allora ripiegò implicando Roatta in altri eventi come il regicidio di Alessandro I di Jugoslavia e altri[22]. Fu processato insieme con Filippo Anfuso (capo di gabinetto del ministro degli Esteri Galeazzo Ciano).

Le responsabilità imputategli per crimini di guerra

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Nel frattempo la Repubblica Socialista di Jugoslavia aveva richiesto l'estradizione di Roatta per essere processato come criminale di guerra.

Le accuse mosse al generale Roatta erano:

  • di aver proceduto su ordine di Mussolini allo sterminio del popolo sloveno;
  • quale principale responsabile, nella sola provincia di Lubiana, della fucilazione di circa 1 000 ostaggi, dell'uccisione proditoria di 8 000 persone, dell'incendio di 3 000 case, dell'internamento di 35 000 persone, della distruzione di 800 villaggi, della morte per fame nel campo di concentramento di Arbe di 4 500 persone;
  • di aver infranto disposizioni della Convenzione internazionale dell'Aja relativa ai prigionieri, ai feriti e agli ospedali;
  • di aver disposto la fucilazione di partigiani fatti prigionieri e di ostaggi, di internare i componenti di intere famiglie e villaggi e di consegnare i civili in massa ai tribunali militari;
  • di aver disposto che i civili fossero ritenuti responsabili di tutti gli atti di sabotaggio commessi nelle vicinanze della loro abitazione e che per rappresaglia si potesse sequestrare il loro patrimonio, distruggere le loro case e procedere al loro internamento;
  • di aver disposto di consegnare ai tribunali militari i partigiani catturati feriti, le donne e gli uomini inferiori ai 18 anni e di fucilare sul posto tutti gli altri partigiani caduti prigionieri.[23]

Mentre le responsabilità morali e oggettive imputate a Roatta dall'Italia sono:

  • l'aver messo a disposizione del regime uno strumento militare quale era il SIM, sviandolo dai suoi compiti di istituto con la caccia ed eliminazione dei capi antifascisti;
  • il non avere infine saputo affrontare con responsabilità e capacità di comando i difficili momenti che sono andati dal 25 luglio all'8 settembre 1943, compresa la mancata difesa di Roma.

L'evasione prima della sentenza

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Il 4 marzo 1945, alla vigilia del giorno previsto per il deposito delle conclusioni della commissione d'inchiesta per le attività del SIM e il caso Rosselli, Roatta evase dall'ospedale militare presso il Liceo Virgilio, probabilmente grazie alla complicità del servizio segreto britannico e del generale Taddeo Orlando, comandante generale dell'Arma e già subalterno di Roatta in Croazia[24]. Raggiunse prima il Vaticano e poi, con la moglie, la Spagna, dove fu protetto dal regime di Francisco Franco. Immediata fu la reazione delle forze democratiche (Saragat scrisse che "il suo silenzio era d'oro per molte persone"[25]), che accusavano gli ambienti dell'esercito di proteggere i fascisti. Il giorno successivo il generale Orlando fu destituito.

La settimana dopo la fuga, fu condannato all'ergastolo in primo grado[26] in contumacia. Al termine dell'iter giudiziario fu prosciolto e la sentenza annullata dalla Corte di cassazione nel 1948.

Per quanto riguarda la mancata difesa di Roma, fu assolto da ogni accusa il 19 febbraio 1949, mentre non fu dato corso all'estradizione richiesta dal governo jugoslavo in quanto quest'ultimo dal 1948 rinunciò a richiedere l'estradizione dei criminali di guerra italiani[27]. Roatta poté giovarsi della cosiddetta "amnistia Togliatti"[28] intervenuta il 22 giugno 1946, e di quella definitiva del 18 settembre 1953 proposta dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948[29].

Roatta ritornò dalla Spagna solo nel 1966 e morì a Roma il 6 gennaio 1968[30].

Roatta scrisse un memoriale difensivo: Sciacalli addosso al SIM (Roma 1955).

A settembre 2017 Mursia ha incominciato la pubblicazione dei diari di Roatta. Il primo volume è Diario. 6 settembre-31 dicembre 1943, a cura di Francesco Fochetti.

Al curatore del volume si deve il ritrovamento dell'intero archivio delle carte di Roatta[31] che è stato riconosciuto essere "di notevole interesse storico"[32].

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— 1915 – 1918 (Guerra italo-austriaca)
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— 1915 – 1918 (Guerra italo-austriaca)
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— 1915 – 1918 (Guerra italo-austriaca)
  1. ^ Mario Roatta - Munzinger Biographie
  2. ^ L'atto n. 36/1887 dell'Archivio Storico del Comune di Modena contiene la seguente informazione: Roatta Mario Giuseppe Leon nacque a Modena - Via dei Servi 15 - il 2 gennaio 1887 da Giovan Battista (Capitano) e Richard Maria Antonietta. Il medesimo ha sposato a Roma (atto n. 31/1922) Mancini Ines il 14 gennaio 1922 ed è morto, sempre a Roma, il 6 gennaio 1968 (atto n. 84). Nei registri di stato civile conservati presso l'Archivio Storico del Comune di Modena, Giovan Battista Roatta non risulta domiciliato a Modena bensì a Saluzzo (Cuneo) e Villanovetta (Comune di Verzuolo - Cuneo).
  3. ^ a b Mario Cervi, Indro Montanelli, L'Italia dell'Asse - 1936-10 giugno 1940, Bur - ISBN 8858643038
  4. ^ Mimmo Franzinelli, Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Mondadori, Milano, 2007. Si è sospettato, ma non provato, che abbia fatto uccidere numerosi antifascisti che avevano trovato asilo in paesi vicini
  5. ^ Gianni Oliva, Si ammazza troppo poco, p. 116, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2006, ISBN 88-04-55129-1
  6. ^ IngentaConnect James H. Burgwyn, General Roatta's war against the partisans in Yugoslavia: 1942, in: Journal of Modern Italian Studies, Volume 9, Number 3, September 2004, pp. 314-329 (16)
  7. ^ [1] Giuseppe Piemontese, Twenty-nine months of Italian occupation of the Province of Ljubljana, 1946, p.3. Book also quoted in: Ballinger, P., History in exile: memory and identity at the borders of the Balkans. Princeton University Press, 2002, p.138. ISBN 0-691-08697-4
  8. ^ [2] P. Ballinger, cit.
  9. ^ Jonathan Steinberg, All Or Nothing: The Axis and the Holocaust, 1941-1943, Routledge, 2002 ISBN 0-415-29069-4, p.34
  10. ^ Angelo Del Boca, Italiani, brava Gente?, , Neri Pozza editore, Vicenza, 2005, p. 241 ISBN 88-545-0013-5
  11. ^ Nota al Comando Supremo prot. 08906 dell'8 settembre 1942, in: Alojz Zidar, Il popolo sloveno ricorda e accusa, Založba Lipa, Koper 2001, p. 231, ISBN 961-215-040-0
  12. ^ a b c Susan S. Zuccotti, Il Vaticano e l'Olocausto in Italia, Sintesi (Bruno Mondadori) / [ESBMO] / Editore Pearson Italia S.p.a., 2001 - ISBN 8842498106
  13. ^ a b Lorenzo Rizzato, 25 luglio: Che faranno i tedeschi?, in: Storia illustrata n° 257, Luglio 1979, pag. 16: "Il 27 luglio veniva proclamato lo stato di guerra e sempre lo stesso giorno veniva diffuso dal comando supremo, diretta ai comandi periferici la famigerata circolare "Roatta""
  14. ^ Testo integrale della circolare Roatta emanata la sera del 26 luglio 1943, su didaweb.net. URL consultato il 14 dicembre 2017.
  15. ^ Angelo Del Boca, cit., p. 268.
  16. ^ Fondazione Cipriani Archiviato il 22 luglio 2011 in Internet Archive.
  17. ^ Indro Montanelli, Mario Cervi, cit., pagg. 378-79
  18. ^ Nessuna, delle dodici copie del documento, infatti, è sopravvissuta. Cfr.: Ruggero Zangrandi,1943:25 luglio-8 settembre, Feltrinelli, Milano, 1964, pagg. 486-7
  19. ^ Il Maresciallo non passò la notte nella sua residenza, essendosi ritirato a dormire in una stanza del Ministero della Guerra; cfr. Ruggero Zangrandi,cit., pag. 486
  20. ^ Ruggero Zangrandi, cit., pagg. 488 e succ.ve
  21. ^ Ruggero Zangrandi, in: L'Italia tradita, Mursia, 1971, dichiara però che in un procedimento giudiziario a suo carico dinanzi al Tribunale di Varese, si sarebbe accertato invece che il verbale di arresto fosse falso e che il Roatta si fosse presentato spontaneamente presso l'Alto Commissariato per la punizione dei delitti fascisti.
  22. ^ Paolo Sidoni, Paolo Zanetov, Cuori rossi contro cuori neri, Newton Compton, 2013 - ISBN 8854151947
  23. ^ Davide Conti, L'occupazione italiano dei Balcani. Crimini di guerra e mito della “brava gente” (1940-1943), Odradek, Roma, 2008 p 101.
  24. ^ Ugo Zatterin, Al Viminale con il morto, Baldini & Castoldi, Milano, 1996, p. 61
  25. ^ Avanti!, 6 marzo 1945
  26. ^ Andrea Vento, In silenzio gioite e soffrite: storia dei servizi segreti italiani dal Risorgimento alla Guerra fredda, Il Saggiatore, 2010 - ISBN 8842816043
  27. ^ Paolo Fonzi, Oltre i confini. Le occupazioni italiane durante la Seconda guerra mondiale (1939-1943), Mondadori-Le Monnier, 2020, p. 198-199.
  28. ^ D.P.R. 22 giugno 1946, n. 4. Il testo comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni. I reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 e l'inizio dell'occupazione militare alleata al Centro e al Nord.[3] Archiviato il 4 settembre 2007 in Internet Archive.
  29. ^ D.P.R 19 dicembre 1953, n. 922.
  30. ^ Oreste Bovio, Storia dell'Esercito Italiano: 1861-2000, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, 2010, pag. 671. Dato confermato anche dall'atto n. 84 dell'Archivio Storico del Comune di Modena.
  31. ^ 8 settembre: ritrovati diari del generale Mario Roatta, su ansa.it, 7 settembre 2017. URL consultato il 9 gennaio 2018.
  32. ^ Il Diario della Grande Guerra di Mario Roatta – Analisi Difesa, su analisidifesa.it, 3 febbraio 2024. URL consultato il 10 febbraio 2024.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito Successore
Rodolfo Graziani 24 marzo 1941 - 20 gennaio 1942 Vittorio Ambrosio I
Giuseppe De Stefanis 1º giugno 1943 - 18 novembre 1943 Paolo Berardi II
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