[go: up one dir, main page]
More Web Proxy on the site http://driver.im/Vai al contenuto

Ferrovia Napoli-Portici

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Napoli-Portici
Stati attraversatiDue Sicilie (bandiera) Regno delle Due Sicilie (1839-1861)
Italia (bandiera) Italia (1861-1946)
Italia (bandiera) Italia (dal 1946)
InizioNapoli
FinePortici
Attivazione1839
GestoreRete Ferroviaria Italiana
Precedenti gestoriBayard (1839-1863)
SFM (1863-1885)
RM (1885-1905)
FS (1905-2001)
Lunghezza7,25 km
Scartamento1435 mm
NotePrima linea ferroviaria in Italia
Tracciato integrato nella linea Napoli-Salerno
Ferrovie

La ferrovia Napoli-Portici fu la prima linea ferroviaria costruita nella penisola italiana, nel territorio all'epoca facente parte del Regno delle Due Sicilie. Commissionata da re Ferdinando II delle Due Sicilie, la linea venne ufficialmente inaugurata il 3 ottobre 1839:[1] era a doppio binario e aveva la lunghezza di 7,25 chilometri.[2] Oggi il suo tracciato è integrato nella ferrovia Napoli-Salerno.

La convenzione per la sua costruzione venne firmata il 19 giugno 1836[3]; con essa si concedeva all'ingegnere Armand Joseph Bayard de la Vingtrie la concessione per la costruzione in quattro anni di una linea ferroviaria da Napoli a Nocera Inferiore, con un ramo per Castellammare che si sarebbe staccato all'altezza di Torre Annunziata. L'anno seguente venne costituita a Parigi la società Bayard & De Vergès, della quale facevano parte l'ingegnere, i suoi due fratelli e l'ingegnere Fortunato de Vergès, per la costruzione e la gestione della ferrovia.[4]

Il tratto fu inaugurato il 3 ottobre del 1839 con grande solennità nel rispetto di un programma che prevedeva, dato che la stazione di Napoli al Carmine non era ancora pronta, che il viaggio avvenisse con partenza da Portici. Il primo convoglio era composto da una locomotiva a vapore di costruzione inglese Longridge, battezzata "Vesuvio", e da otto vagoni. Il re Ferdinando II pertanto si recò nella villa del Carrione al Granatello di Portici, dove era stato approntato il padiglione reale decorato all'occorrenza con accanto un altare. Verso le ore undici il re ricevette l'ingegner Bayard e la squadra di ingegneri prendendo poi posto sul convoglio inaugurale per tornare a Napoli. I vari discorsi di circostanza furono conclusi dal re Ferdinando II, il quale, in francese, espresse l'augurio di veder realizzata la ferrovia fino al mare Adriatico e a mezzogiorno ordinò la partenza davanti alle autorità[5].

Il primo convoglio ferroviario portava nelle vetture 48 personalità, una rappresentanza militare costituita da 60 ufficiali, 30 fanti, 30 artiglieri e 60 marinai. Nell'ultima vettura prese posto la banda della guardia reale. Il percorso venne compiuto in nove minuti e mezzo tra ali di gente stupita e festante.

Nei successivi quaranta giorni ben 85.759 passeggeri usufruirono della ferrovia. Il pittore di corte Salvatore Fergola immortalò gli avvenimenti nei suoi celebri dipinti.

L'inaugurazione della Ferrovia Napoli-Portici, di Salvatore Fergola. È ben visibile il tracciato a doppio binario

La linea era solo parte di un progetto più vasto: il 1º agosto 1842 veniva infatti inaugurato il tratto diramato fino a Castellammare e due anni dopo, nel 1844, la prosecuzione per Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore. Nel 1846 l'ingegner Bayard ottenne la concessione anche per il prolungamento su San Severino e Avellino[6].

Lo storico tratto ferroviario ha subito nel corso degli anni numerosi danni. La stazione di Napoli Bayard funzionò fino al 1866, quando, in seguito al collegamento con la stazione di Napoli Centrale fu declassata a impianto di servizio.

Nel 1943, essa fu semidistrutta dall'esplosione della nave Caterina Costa, carica di materiale bellico e sulla quale si sviluppò un incendio per il quale le autorità cittadine agirono in netto ritardo.

Un crollo parziale della Villa d'Elboeuf di Portici, posta in immediata prossimità con la linea ferroviaria, comportò nel 2014 la chiusura della linea fino al 12 aprile 2015 per consentire l'esecuzione di un manufatto di protezione.

Caratteristiche

[modifica | modifica wikitesto]

Il Reale Opificio di Pietrarsa

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa.

Un'altra delle influenze collaterali di questo progetto fu, nel 1842, la conversione di un grande stabilimento di produzione di cannoni e proiettili d'artiglieria alla produzione ferroviaria, per la costruzione di locomotive e l'assemblaggio di materiale rotabile a Pietrarsa (decreto reale del 22 maggio 1843). Le officine divennero presto un esempio di uso di lavorazioni e tecnologie di avanguardia. Inizialmente le officine si occuparono di riparazioni, poi vennero messe in cantiere locomotive completamente assemblate nello stabilimento su modello inglese.

Anche il papa Pio IX visitò la fabbrica il 23 settembre 1849: a ricordo della storica visita i 500 operai vollero erigere una chiesa posta di fronte allo stabilimento, terminata nel 1853 poi demolita nel 1919.

Il 1845 è anche l'anno in cui venne costruita la prima locomotiva a vapore italiana (anche se sulla base di un modello inglese): questa assunse il nome augurale di Pietrarsa.[7]

Dall'inizio della produzione diretta di rotabili e fino al 1905 a Pietrarsa risultano costruite oltre 300 locomotive, varie centinaia di carrozze e qualche migliaio di carri merci[8]. Il declino della trazione a vapore in Italia coincide con il declino dell'attività delle Officine di Pietrarsa e Granili, essendo queste specializzate in tale settore, non essendo possibile una eventuale riconversione a causa della mancanza di spazi utilizzabili.[7]

La costruzione di oltre 13.500 metri quadrati, una volta dismessa, è diventata la sede del Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa.

Anche le Poste italiane hanno voluto ricordare prima il 100º anniversario dell'avvenimento nel 1939 con una serie di 3 valori (20 e 50 cent., 1,25 lire) ed in seguito il 150º anniversario dell'avvenimento, nel 1989 con l'emissione di due francobolli commemorativi, entrambi da 550 lire.

Materiale rotabile

[modifica | modifica wikitesto]
Il progetto della ferrovia da Napoli a Nocera e Castellammare

Data la novità del mezzo ferroviario, per la realizzazione fu necessario rivolgersi all'industria straniera: la progettazione, così come il capitale investito, era francese, le locomotive, di rodiggio 1 A 1, giunsero dal Regno Unito ed erano costruite sul modello delle prime progettate da George e Robert Stephenson, nelle officine Longridge e Starbuk di Newcastle[9]. Il resto dei materiali rotabili era stato invece costruito nel Regno delle Due Sicilie. Il ferro delle rotaie proveniva dalle miniere della Vallata dello Stilaro e fu lavorato nel polo siderurgico di Mongiana, in Calabria. Le rotaie erano realizzate in ferro battuto, in moduli da 5 metri, per il peso di 25 kg per metro di lunghezza.

La locomotiva Vesuvio che trainò il treno inaugurale pesava 13 tonnellate e sviluppava una potenza di 65 CV alla velocità di 50 km/ora, trainando 7 carrozze per un peso complessivo di 46 tonnellate[10]. La caldaia era fasciata da liste di legno pregiato tenute insieme da quattro cerchiature in ottone. Il tender a due assi trasportava sia l'acqua che il carbone. La gemella Longridge aveva poco prima effettuato il treno staffetta.

Per quanto riguarda il tracciato, la pendenza massima della linea era del 2 per mille, mentre il raggio di curvatura del tragitto si attestava mediamente tra i 1300 e i 1400 metri[10].

Nel 1939 nella ricorrenza del centenario dell'inaugurazione venne ricostruito integralmente il convoglio inaugurale e, dato che non esistevano più i piani progettuali con le misure, la locomotiva venne ricostruita secondo il progetto della Bayard, anch'essa Longridge e solo leggermente differente.

La riproduzione della Bayard
Locomotive di costruzione Longridge
  • Locomotiva a vapore Vesuvio - 3 ottobre 1839
  • Locomotiva a vapore Longridge - 3 ottobre 1839
  • Locomotiva a vapore Bayard - 1º dicembre 1839
  • Locomotiva a vapore Aquila - 1º luglio 1840
Locomotive di costruzione francese
  • Locomotiva a vapore Saint Quintin -
  • Locomotiva a vapore Verges -
Locomotive assemblate su modello inglese consegnate tra 1842 e 1844
  • Locomotiva a vapore Pietrarsa
  • Locomotiva a vapore Papin
  • Locomotiva a vapore Pompei
  • Locomotiva a vapore Sorrento
  • Locomotiva a vapore Ercole
  • Locomotiva a vapore Parigi
  • Locomotiva a vapore Lampo
  • Locomotiva a vapore Veloce
  • Locomotiva a vapore Freccia
  • Locomotiva a vapore Corsi
  • Locomotiva a vapore Robertson
  • Locomotiva a vapore Maria Teresa
  • Locomotiva a vapore Etna
  • Locomotiva a vapore Partenope
  1. ^ Renzo Pocaterra, Treni, De Agostini, ISBN 978-88-41-87699-2, p. 39.
  2. ^ Indro Montanelli; Mario Cervi, L'Italia del Risorgimento - 1831-1861, Bur, 2013, ISBN 978-88-586-4299-3.
  3. ^ s:Decreto di autorizzazione a costruire la strada di ferro Napoli-Nocera
  4. ^ Gamboni 2014, pp. 25-26.
  5. ^ Il convoglio storico della Napoli-Portici, di Antonio Gamboni, su clamfer.it. URL consultato il 20 luglio 2015.
  6. ^ Decreto e capitoli di concessione perché la strada ferrata da Napoli a Nocera sia prolungata per Sanseverino ad Avellino su Wikisource
  7. ^ a b Gian Guido Turchi,nasce il museo ferroviario nazionale in i Treni 21/1982 a pag.30.ETR ,Salò
  8. ^ L'album delle Locomotive a vapore, Duegi Editrice eGroup, Albignasego 2005.Volume I-Ristampa del catalogo ufficiale edito dalle Ferrovie dello Stato nel 1915 in 2 volumi:Locomotive ed Automotrici in servizio ed in costruzione al 30 giugno 1914
  9. ^ Bruno Corti, Archeologia Industriale, Brescia, Edizioni CSAI, 1991, pp. pg.270.
  10. ^ a b Bruno Corti, Archeologia Industriale, Brescia, Edizioni CSAI, 1991, pp. pg.271.

Fonti a stampa

[modifica | modifica wikitesto]

Storiografia e complementi

[modifica | modifica wikitesto]
  • Decreto di autorizzazione a costruire la strada di ferro Napoli-Nocera
  • Uberto Bajocchi, Tre ottobre 1839, in Rivista tecnica delle ferrovie italiane, n. 5, a. 29, 57 (1940), pp. 193–214 e tavv. f. t. XIV-XVI. Ristampa in La tecnica professionale, n. 9, n. s. 16 (2009), pp. 7–30.
  • Lando Bortolotti, Viabilità e sistemi infrastrutturali, in Storia d'Italia, Annali, vol. 8, Torino, Einaudi, 1985, pp. 289-344.
  • Luigi De Rosa, Iniziativa e capitale straniero nell'industria metalmeccanica del Mezzogiorno (1840-1904), Napoli, Giannini, 1968.
  • Nicola Forte, Viaggio nella memoria persa del Regno delle Due Sicilie. La storia, i fatti, i fattarielli, Ischia, Imagaenaria, 2007, ISBN 88-89144-70-X.
  • Antonio Gamboni e Paolo Neri, Napoli-Portici. La prima ferrovia d'Italia (1839), Napoli, Fausto Fiorentino, 1987.
  • Piero Muscolino, Bayard o Vesuvio? Il giallo della locomotiva, in Voci della rotaia, Roma, Ferrovie dello Stato, 1989.
  • Antonio Gamboni, Napoli, la stazione del Bayard, Napoli, 2009.
  • Antonio Gamboni, La prima strada ferrata d'Italia, Avellino, Scuderi Editrice, 2014.
  • Valter Guadagno, Ferrovie ed economia nell’Ottocento postunitario, Roma, Collegio amministrativo ferroviario italiano, 1996.
  • Lucio Militano, Le ferrovie delle Due Sicilie, Napoli, Editoriale Il Giglio, 2013.
  • Anna Natale, Da un primato storico ad un progetto di archeologia industriale. La prima ferrovia italiana: Napoli-Portici, ieri e ... domani, in Alfredo Buccaro, Giulio Fabricatore e Lia Maria Papa (a cura di), Storia dell'Ingegneria. Atti del 1º Convegno Nazionale (Napoli, 8-9 marzo 2006), vol. 2, Napoli, Cuzzolin, 2006, pp. 989–995, ISBN 88-87998-45-0.
  • Nicola Ostuni, Iniziativa privata e ferrovie nel Regno delle Due Sicilie, Napoli, Giannini, 1980.
  • Gian Guido Turchi, A Napoli centocinquant'anni fa. Terza fu la Bayard, in I treni oggi, n. 89, Salò, ETR, gennaio 1989.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]