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Dane gun

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Dane gun, lett. "pistola danese", è il nome con cui venivano originariamente indicati i moschetti a pietra focaia e canna lunga (lunghezza complessiva di 6 piedi)[1] importati in Africa occidentale dai commercianti dano-norvegesi prima della metà del XIX secolo. Il termine è ora utilizzato principalmente dagli Europei che vivono lungo la costa dell'Africa occidentale per descrivere generalmente qualsiasi arma da fuoco di questo tipo prodotta indigena.[2][3]

I nomi locali per queste armi da fuoco variano da lingua a lingua ma generalmente sono qualcosa che "sembra significhi o implichi una pistola nativa".[2] Sono prodotti in gran numero dagli armaioli locali e usati principalmente per la caccia alla selvaggina, sostituendo le armi tradizionali come l'arco e la zagaglia.[2]

Amazzone del Regno di Dahomey armata di Long Dane - disegno di Frederick Forbes (1851).

Il nome "Dane gun" richiama le attività nella Costa d'Oro africana della Compagnia danese delle Indie occidentali che, tra XVII e XVIII secolo, ivi si riforniva di schiavi per la c.d. "Tratta atlantica" scambiandoli con melassa e rum delle Indie occidentali e moschetti di bassa o bassissima qualità prodotti in Europa. I Dane gun, soprattutto nel XIX secolo erano di così scarsa qualità che gli acquirenti africani stessi ne erano consapevoli, spesso richiedendo armi di qualità migliore[senza fonte].

Il generale Nkwanta, capo del consiglio generale dell'esercito Ashanti, valutò nel biennio 1872-1873 le nuove armi da fuoco europee a retrocarica restando turbato dall'obsolescenza dei Long Dane in uso ai suoi soldati: alcuni moschetti esplodevano dopo alcuni colpi, mentre polvere e pallini di buona qualità erano scarsi; la maggior parte dei moschettieri non usava l'ovatta per compattare la polvere nelle canne e ricorreva a variegati proiettili (palle di piombo, chiodi, pezzi di metallo o persino pietre) per un risultato certamente spettacolare da un punto di vista pirotecnico ma poco efficace contro bersagli a distanza men che ravvicinata (il rinculo era poi tale che la maggior parte degli Ashanti sparava con l'arma al fianco, perdendo ulteriormente precisione nel tiro).[1]

Le armi da fuoco non giocarono pertanto un ruolo primario sul campo di battaglia africano ancora alla metà del XIX secolo.[4]

  1. ^ a b (EN) Vandervort B, Wars of Imperial Conquest in Africa: 1830-1914, Indiana University Press, 1998, pp. 61-72, ISBN 0253211786..
  2. ^ a b c (EN) Christopherson P, Some Special West African English Words, in Dillard JL (a cura di), Perspectives on Black English, De Gruyter, 1975, p. 210, ISBN 978-90-279-7811-0.
  3. ^ (EN) Dane Gun, su Merriam-Webster Online Dictionary.
  4. ^ (EN) Berg GM, The Sacred Musket. Tactics, Technology, and Power in Eighteenth-Century Madagascar, in Comparative Studies in Society and History, vol. 27, n. 2, 1985, pp. 261–279, DOI:10.1017/S001041750001135X.
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