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Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/87

Da Wikisource.

canto quinto


    Udìa l’assorta giovinetta, e un’onda
50L’avvolgea d’amorose ombre e di larve,
Quando un fruscìo sentì tra fronda e fronda,
Ed un uom vide, o di veder le parve;
Stette, il respir contenne, e alla gioconda
Luce dell’alba il pellegrin le apparve;
55Mise ella un grido, e pallida divenne;
Se non fuggì, fu amor che la rattenne.

    — Ferma, sclamò l’eroe con mesto accento,
M’odi, pietà del mio destin ti tocchi:
Io, che ai Numi recai guerra e spavento,
60Ecco, supplice io cado ai tuoi ginocchi!
Ogni raggio d’onor fia per me spento,
Se non mi dànno un raggio i tuoi begli occhi:
In tal raggio d’amor, poi ch’io l’ho visto,
La vita, il trono, la vittoria acquisto.

    65Ti sognai, ti cercai: nell’infinita
Luce del ciel, nei cupi abissi orrendi
Sempre in traccia di te corsa ho la vita,
O eterna Idea, che umana forma or prendi;
Vista t’ho innanzi a me, t’ho in cor sentita.
70Sempre acceso m’hai tu come or m’accendi;
Or che t’aggiungo, intero alfin son io,
Son colmi i fati ed il trionfo è mio.

    Sì, vincerò. La voluttà ch’io bramo
Alza le menti a imprese inclite e chiare:
75T’amai nel sogno, nella vita or t’amo,
E immenso è l’amor mio siccome il mare:
Ei dà a la foglia il fior, la foglia al ramo,
La beltà agli occhi, alla beltà l’altare,
Sola virtù di questa fragil salma,
80Luce de la pupilla, aria de l’alma! —



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