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Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/30

Da Wikisource.

lucifero

260L’ira è dei Numi, e inesorato al pari
L’orgoglio mio; ma qual benigno frutto
Colser giammai di mie fatiche tante,
Del mio tanto soffrir le sconsolate
Proli del mondo? Ahimè, che sòrte appena
265Dalla tenebra antica, all’infinita
Luce del Ver schiusero gli occhi, e poco
Poco a lor parve ogni più grande acquisto;
Tal che, tolte dal sonno, ai sogni in preda
Diedersi tutte, e del saper la sete
270Arse in loro così l’alma e la vita,
Che a precoce vecchiezza e ad immatura
Morte fûr sacre e a maledir condutte
L’arduo mio dono e il sagrificio mio! —
— Figlio di Temi, a lui rispose irato
275L’inclito pellegrino, e che perigli
Fantasticando vai? Nè vil fanciullo,
Credi, io mi son, che si rivolta in fuga
Alla prima minaccia, o nauta imbelle,
Che trema ogni lieve anima di vento,
280E si chiude nel porto. In questa eterna
Rupe confitto, in verità, gli eccelsi
Fati ignori dell’uomo; e perchè sei
Carco di mal, di falsi mali agli altri
Indovino ti fai. Lascia, deh, lascia
285Questi vani compianti, e fuor di modo
Non ti strugger di noi, se pur non t’hanno
Tolto il senno davver le tue sciagure.
Però sappi, e t’acqueta: opra gagliarda
Tu cominciasti, ed io, se il ver discerno,
290La compirò. Non già il saper, t’accerta,
Reso l’uomo ha quaggiù misero tanto,
Ma la nemica del saper, la cieca
Credulità; di bieche ombre e d’inganni
Essa vive nel mondo, e si fa gioco



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