Cristoforo Poggiali
bibliotecario, erudito ed ecclesiastico italiano
Cristoforo Poggiali (1721 – 1811), bibliotecario italiano.
Proverbj, motti e sentenze
modifica- Più pecore ove sono, ivi è più rogna; e un grand'ovile spesso è una grande fogna. (p. 4)
- Ov'è colpa, ivi è pena: il reo che fugge ha un fier rimorso, che l'affanna e strugge. (p. 6)
- A noi ciò che sarà, svela il Profeta: ciò che non fu, e non è, canta il Poeta. (p. 11)
- Fuggi gl'impegni, e i perigliosi intrichi, se vuoi salvar la pancia per i fichi. (p. 22)
- Qual la podagra, e qual l'epilessia, ereditaria è in molti la pazzia. (p. 23)
- Non metter mano dove non bisogna; e lascia che si gratti chi ha la rogna. (p. 33)
- Qual consiglio può darsi e qual soccorso, ad un uom, che perduto abbia il rimorso. (p. 40)
- Chi al naso ha verdi occhiali; se lor crede, dirà, ch'è verde tutto ciò che vede. (p. 46)
- Il buon Poeta non m'annoja o stanca. Ma raro è il buon come una mosca bianca. (p. 51)
- Gli Artefici mediocri son lodati, i Poeti mediocri son fischiati. (p. 51)
- Chi ha bravo cuoco, e amici sempre invita, se non ha buona entrata, ha buona uscita. (p. 62)
- Attienti a scarpa larga, e tazze piene per la podagra, e grida quando viene. (p. 78)
- Chi timor non avea di rogna o scabbia l'ha trovata; ei la vuole, egli se l'abbia. (p. 80)
- La pecora rognosa non si metta coll'altra insiem, perché tutte le infetta. (p. 80)
- Non ha il sapore delle mie cipolle ciò che nella real pentola bolle. (p. 85)
- Alla Pasqua s'uccidono più agnelli, che in tutto l'anno bovi ne' macelli. (p. 88)
- Nasce presto, e si mangia in un boccone il fungo, e tale appunto è l'occasione. (p. 89)
- Il suono dà misura e legge al ballo, se no, ogni passo di chi danza è un fallo. (p. 92)
- Non v'ha cesta così rotta e negletta, che in opra alla vendemmia non si metta. (p. 99)
- Il chirurgo pietoso non guarisce la piaga, e l'util arte sua tradisce. (p. 100)
- A chi di peste ha da morir, non giova mutar paese, e cercar aria nuova. (p. 102)
- Non può star la podagra coi villani, che in esercizio han sempre e piedi e mani. (p. 111)
- Un ingrato non merita il mio sdegno; in preda a' suoi rimorsi io lo consegno. (p. 112)
- Il can che abbaja, e corre, e salta in Chiesa, | raro è che n'esca colla schiena illesa. (p. 123)
- Come bella al di fuori è la castagna! E pur brutta al di dentro ha la magagna. (p. 124)
- Se alla vendemmia, d'acqua empiesti il tino, come oggi sperar puoi di trarne vino? (p. 124)
- De' corpi fa la peste orrido scempio; dell'alme il fa maggiore, il mal esempio. (p. 125)
- Se il Poeta s'erige in Oratore, predicherà agli orecchi, e non al cuore. (p. 138)
- Se fermezza non ha d'animo e destra, il chirurgo, sui libri invan s'addestra. (p. 141)
- D'innocente lucertola ha paura chi provò di zio serpe aspra puntura. (p. 166)
- D'onde è la peste, fuggi, e torna tardi, con pregar sempre Dio, che te ne guardi. (p. 174)
- Taluno ha più di un mal che appare; sol rogna e tosse non si può celare. (p. 175)
- Da terra il fungo appena spunta fuora, che man lo coglie, e bocca lo divora. (p. 177)
- Mentr'Elvio s'infuria, e contra il ciel bestemmia, la gragnuola gli strugge la vendemmia. (p. 178)
- Se rimorsi mi costano, e timori, io di Creso rinuncio anche a'tesori. (p. 181)
- Gusta meglio de' fichi la dolcezza, chi delle sorbe assaggiò pria l'asprezza. (p. 182)
- Chi all'altrui discrezion mangia, sta fresco; è meglio pane e aglio al proprio desco. (p. 186)
- Nuoce assai più la pace simulata, che la guerra decisa, e dichiarata. (p. 194)
- La pecora ne dà latte, formaggio, corda, carta, concime, e agnelli al maggio. (p. 217)
- Breve è il piacer, e fugge col presente, resta il rimorso sempre più pungente. (p. 224)
- L'aglio con fedeltà guarda il tuo cane; ma non sarà fedel guardando il pane. (p. 228)
- Nel Settembre e l'Ottobre in colli aprichi, gli è un piacer alla caccia andar dei fichi. (p. 228)
- Casa fatta di nuovo e vigna posta, non può l'uom sapere quanto gli costa. (p. 232)
- Tu salti presto dalla corba al vaglio; già parlavi di torta, or parli d'aglio. (p. 235)
- Cadon le miglior pere a' porci in bocca, e, a chi n'è degno, il buon di rado tocca. (p. 239)
- La noce è detta noce, perché nuoce; cuoco appelliamo il cuoco perché cuoce. (p. 247)
- Se pere e mele a terra il turbin getta, d'empirsene le tasche ognun si affretta. (p. 270)
- La rima, de' poeti è la tortura; ma fan per essa la miglior figura. (p. 274)
- I Poeti, così come i Pittori, nascono, e all'improvviso saltan fuori. (p. 275)
- Chi bestie sul mercato ha da comprare, giovani scelga, che non può fallare. (p. 278)
- Fa la bile nell'uom lo stesso effetto, che il tracannato vin copioso e schietto. (p. 280)
- A chi ne' campi sul lavoro stenta, son manna le cipolle e la polenta. (p. 281)
Bibliografia
modifica- Cristoforo Poggiali, Proverbj, motti e sentenze ad uso ed istruzione del popolo, Dai Torchj del Majno, Piacenza, 1821.
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