[go: up one dir, main page]
More Web Proxy on the site http://driver.im/

Terza posizione (ideologia)

termine

La terza posizione, anche nota come terza via fascista, terza via o terza alternativa[senza fonte], è una definizione elaborata nella prima metà del XX secolo negli ambienti dell'emergente movimento fascista, che si riferisce alla teorizzazione di un sistema politico, culturale, sociale ed economico alternativo a quelli capitalista e comunista.

Contesto storico ed ideologico

modifica

La Terza Posizione iniziò a essere teorizzata negli anni tra le due guerre mondiali, in un contesto di ampio discontento verso il liberalismo e il socialismo. In questo periodo, fascisti e nazionalisti sostenevano la necessità di una “terza via” che potesse superare le criticità sia del capitalismo sia del comunismo. Benito Mussolini, leader del fascismo italiano, riprese concetti di socialismo nazionale preesistenti, in cui lo Stato assumeva un ruolo guida per preservare l'unità e la coesione della nazione.[1]

La storiografia recente, tuttavia, non riduce il fascismo a una reazione al marxismo o di un rifiuto del liberalismo, ma lo vede come un fenomeno politico autonomo e più complesso. La Prima Guerra Mondiale e le crisi sociali ed economiche che ne seguirono sono considerate le radici del fascismo, che, pur ispirandosi a tradizioni preesistenti (nazionalismo giacobino, filosofie irrazionaliste e movimenti antiparlamentari ottocenteschi), elaborò un nazionalismo rivoluzionario unico. Questa ideologia combinava i miti e le esperienze di guerra, promuovendo un “misticismo nazionalista” che vedeva la nazione come un’entità organica e omogenea, unita in uno Stato totalitario che mobilitava le masse.[1]

Il fascismo influenzò anche altri movimenti internazionali, che sorsero in Europa e altrove con l’intento di creare una “terza via” tra capitalismo e comunismo, basata su nazionalismo, totalitarismo e corporativismo. Questi movimenti rifiutavano la democrazia liberale e proponevano una visione sacralizzata della politica, con al centro un “capo” carismatico e la costruzione di una “comunità nazionale” unificata e in mobilitazione permanente.[1]

È importante notare che, pur durante il periodo tra le due guerre mondiali, non tutti i tentativi di elaborare una “terza via” produssero ideologie totalitarie o fasciste. In particolare, il sindacalismo nazionale, che si diffuse in Francia e in Italia, influenzò successivamente il fascismo, ma in origine non possedeva le caratteristiche totalitarie che definirono poi il movimento fascista.[1]

Sviluppi in Italia

modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Sansepolcrismo.

Il 23 marzo 1919 futuristi, nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari, reduci della prima guerra mondiale ed altri fautori della nascita di un nuovo sistema politico alternativo ai vigenti, si riunirono a congresso a Milano in piazza San Sepolcro, elaborando un programma dal quale nacque il fascismo; dalla piazza in cui si tenne la riunione, il movimento prese il nome di sansepolcrismo.

La tesi avanzata in partenza fu che le monarchie liberali, le socialdemocrazie e le democrazie governanti in Europa fossero plutocrazie corrotte e decadenti, governate da sistemi colpiti da derive partitocratiche e massoniche. Obiettivo dei congressisti fu un sistema politico basato su principi di democrazia organica.

«Il fascismo è un metodo, non un fine; se volete, è "una autocrazia sulla via della democrazia".»

Il più rilevante difetto che riscontrarono nella democrazia sarebbe il paradosso insito in sé stessa, ovvero: se la maggioranza delle persone desiderasse un governo antidemocratico, la democrazia democraticamente cesserebbe di esistere. Tuttavia, se a tale estinzione la democrazia si opponesse, cesserebbe di essere democrazia in quanto andrebbe contro la volontà della maggioranza. Quindi i sansepolcristi sostenevano che in pratica la democrazia non può esistere, e che è solo una teoria utopica. Per entrambi i casi dell'esempio, si citarono come validi gli esempi dei colpi di stato di tipo sudamericano, anche allora esistenti.

In secondo luogo si puntualizzò un fattore semantico, nella loro visione troppo spesso volutamente frainteso: le parole "democrazia" e "libertà" non sono sinonimi. Molto spesso, sostennero, il travisamento della semantica porta a pensare che gli antidemocratici siano contrari alla libertà. In realtà si presume che nessuno si dica contrario alla libertà (se non in ambito restrittivo giudiziario). In un sistema può del resto esserci democrazia senza libertà, come può esserci libertà senza democrazia. Quindi, secondo i sansepolcristi, le dittature di tipo sudamericano altro non sono che fasi in cui democraticamente la maggioranza della popolazione desidera che il sistema democratico venga sospeso nel suo aspetto partitico. Questo carattere viene ripristinato allorquando democraticamente la maggioranza pende nell'altro senso. Una simile prospettiva non avrebbe dovuto rendersi necessaria per la nascente "Terza via": questa si imposta sul superamento del sistema partitocratico nella consapevolezza che per i problemi di una nazione non esistano soluzioni valide l'una quanto l'altra a seconda dei punti di vista (o meglio del punto di vista del partito a cui si appartiene), ma soltanto una migliore di tutte.

«Nessuno vorrà gabellare per "rivoluzionario" il complesso dei fenomeni sociali che si svolgono sotto i nostri occhi. Non è una rivoluzione quella che si attua, ma è la corsa all'abisso, al caos, alla completa dissoluzione sociale.»

«La mia reazione è quella del medico, che, a un dato momento, vedendo l'inesorabile progredire della cancrena, pianta il coltello nella piaga; la mia reazione è quella dell'uomo, che, vedendo il carro correre a precipizio senza più guida, si getta ai freni, onde evitare la catastrofe.»

«Io sono reazionario e rivoluzionario, a seconda delle circostanze. Farei meglio a dire - se mi permettete questo termine chimico - che sono un reagente. Se il carro precipita, credo di far bene se cerco di fermarlo; se il popolo corre verso un abisso, non sono reazionario se lo fermo, anche con la violenza.»

«I peggiori reazionari in questo momento sono, per il fascismo e per la storia, coloro che si dicono rivoluzionari, mentre i fascisti, tacciati cretinamente di "reazionari", sono, in realtà, coloro che eviteranno all'Italia la terribile fase di un'autentica reazione.»

«Chiunque in Italia abbia il coraggio di fronteggiare le degenerazioni del Partito Socialista, corre il pericolo di essere bollato come reazionario; ma poiché tali degenerazioni esistono e poiché il coraggio di fronteggiarle lo abbiamo dimostrato seminando anche di nostri morti le piazze d'Italia, noi abbiamo la spregiudicata disinvoltura di sorridere se ci chiamano reazionari.»

«Io non ho paura delle parole. Se domani fosse necessario, mi proclamerei il principe dei reazionari. Per me tutte queste terminologie di destra, di sinistra, di conservatori, di aristocrazia o democrazia, sono vacue terminologie scolastiche. Servono per distinguerci qualche volta o per confonderci, spesso.»

La terza via, secondo i suoi fondatori, avrebbe dovuto rappresentare una forma di governo al di sopra delle divergenti opinioni dei partiti. Questo certamente contrasta con la creazione di un partito, quale il congresso si propose alla fine. Ma essendo esso inserito in una nazione avente sistema partitico, un simile ente, un partito, era necessario onde poter ottenere il potere, salvo poi smantellarlo una volta assestato. Queste considerazioni vengono da un aspetto del sansepolcrismo, che è riassunto in un discorso di Benito Mussolini nella frase:

«Noi non crediamo ai programmi dogmatici, a questa specie di cornici rigide che dovrebbero contenere e sacrificare la mutevole cangiante complessa realtà. [...] Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici; conservatori e progressisti; reazionari e rivoluzionari; legalitari e illegalitari, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente, in una parola "di storia", nelle quali siamo costretti a vivere e ad agire.»

In effetti, in uno Stato come l'Italia, i poteri erano, allora come oggi, molti e diversificati, il che impediva un accentramento del potere in una sola persona.

Il fascismo scaturito dal congresso di piazza San Sepolcro non si considerava quindi una crociana esigenza temporanea, ma a tutti gli effetti un nuovo sistema politico a sé stante. Essi ritennero di aver finalmente creato la terza via, la soluzione ai problemi sociali creati dal capitalismo e a quelli di diritto e di ordine pubblico creati dal comunismo. Una via applicabile in ogni luogo e ogni tempo.

«[I Fasci Italiani di Combattimento] non sono un partito, ma piuttosto l'antipartito. Non sono un'organizzazione di propaganda, ma di combattimento. Più che al proselitismo, per vendere marchette, tendono all'azione. Non hanno programmi immutabili. Non si propongono di vivere all'infinito. Non promettono il paradiso in terra e la felicità universale. Nella vasta democrazia della civiltà essi rappresentano l'aristocrazia del coraggio. Libertari, sono per necessità antidemagogici. Spregiudicati, sanno andare contro corrente. È una associazione di uomini che possono provenire da tutti gli orizzonti perché si "ritrovano" in alcune identità o affinità ideali.»

Come è noto tuttavia il modo in cui il Partito nazionale fascista governò l'Italia nel ventennio poco coincise con gli ideali proposti nel congresso di San Sepolcro, anche in seguito alle trasformazioni conseguenti all'incontro con quei poteri (la monarchia dei Savoia, l'Alta finanza, la massoneria, la Chiesa cattolica, i militari, la borghesia) verso i quali il fascismo aveva un debito di riconoscenza per averlo inizialmente favorito come scudo contro il bolscevismo. Dal ruolo che tali forze esercitavano, nel sistema sociale italiano, il successo del fascismo non poteva esulare:[senza fonte]. ciò avvenne nel 1924-1926 con il sostegno ricevuto per l'omicidio Giacomo Matteotti, e vent'anni dopo con l'abbandono subìto con l'ordine del giorno Grandi del 25 luglio 1943.

Solamente nella sua fase crepuscolare della Repubblica Sociale Italiana, una volta fuori gioco molti di quei poteri ostracisti, si poté proporre argomentazioni più ardite. I cardini su cui si rifondò la politica fascista riprendendo le posizioni del sansepolcrismo furono originati dal sincretismo tra teorici comunisti quali Nicola Bombacci, economisti eretici[non chiaro] quali Giuseppe Spinelli e Giuseppe Solaro, politici quali Angelo Tarchi e Stanis Ruinas, e un poeta, Ezra Pound[non chiaro]. Essi furono:

«I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari, le nostre idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero "di sinistra"; le nostre istituzioni sono conseguenza diretta dei nostri programmi; il nostro ideale è lo Stato del Lavoro. Su ciò non può esserci dubbio: noi siamo i proletari in lotta, per la vita e per la morte, contro il capitalismo. Siamo i rivoluzionari alla ricerca di un ordine nuovo. Se questo è vero, rivolgersi alla borghesia agitando il pericolo rosso è un assurdo. Lo spauracchio vero, il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta, viene da destra. A noi non interessa quindi nulla di avere alleata, contro la minaccia del pericolo rosso, la borghesia capitalista: anche nella migliore delle ipotesi non sarebbe che un'alleata infida, che tenterebbe di farci servire i suoi scopi, come ha già fatto più di una volta con un certo successo. Sprecare parole per essa è perfettamente superfluo. Anzi, è dannoso, in quanto ci fa confondere, dagli autentici rivoluzionari di qualsiasi tinta, con gli uomini della reazione di cui usiamo talvolta il linguaggio.»

Ma, a causa delle vicende della seconda guerra mondiale, quasi nulla fu possibile sperimentare. La Repubblica Sociale Italiana, strumento nelle mani tedesche, scomparve e con essa ogni velleità di terza via, il cui progetto fu portato avanti nel dopoguerra solo dal partito Movimento Sociale Italiano e altri gruppi minori ad esso collegati.[senza fonte]

  1. ^ a b c d Gentile, 2005
  2. ^ Yvon De Begnac, Palazzo Venezia: storia di un regime, La Rocca, 1950, pag. 181
  3. ^ Opera Omnia, Edoardo e Duilio Susmel (a cura di), vol. 14, La Fenice, Firenze, 1954, pag. 418.
  4. ^ Opera Omnia, Edoardo e Duilio Susmel (a cura di), vol. 15, La Fenice, Firenze, 1954, pag. 45.
  5. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920, Einaudi, Torino, 1995, pagg. 625-26.
  6. ^ Opera Omnia, Edoardo e Duilio Susmel (a cura di), vol. 15, La Fenice, Firenze, 1954, pag. 299.
  7. ^ Opera Omnia, Edoardo e Duilio Susmel (a cura di), vol. 16, La Fenice, Firenze, 1955, pagg. 93-94.
  8. ^ Opera Omnia, Edoardo e Duilio Susmel (a cura di), vol. 19, La Fenice, Firenze, 1956, pag. 47.
  9. ^ Augusto Cavadi, Le ideologie del Novecento: cosa sono state, come possono rifondarsi, Catanzaro, Rubbettino Editore, 2001, pag. 43.
  10. ^ Opera Omnia, Edoardo e Duilio Susmel (a cura di), vol. 14, La Fenice, Firenze, 1954, pag. 43.
  11. ^ Luciano Lanna, Filippo Rossi, Fascisti immaginari: tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi, 2003, pag. 176.

Bibliografia

modifica
  • Gentile, Emilio, Fascismo. Storia e interpretazione, Laterza, 2005, ISBN 9788858109168.
  • G. Santomassimo, La terza via fascista. Il mito del corporativismo, Ed. Carocci, 2006
  • Z. Sternhell, La terza via fascista, Ed, Il Mulino, 1990
  • Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1977
  • P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1971
  • P. Zunino, L'ideologia del fascismo, Bologna 1985

Voci correlate

modifica