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Teogonia (Esiodo)

poema di Esiodo

La Teogonia (in greco antico: Θεογονία?, Theogonía) è un poema mitologico scritto da Esiodo, in cui viene narrata la storia e la genealogia degli dèi greci. Si ritiene che sia stato composto intorno al 700 a.C. e rappresenta una fonte fondamentale per la mitografia.

Teogonia
Titolo originaleΘεογονία
Edizione della Teogonia di A. Lemerre (Parigi, 1869), con illustrazioni di Gustave Moreau.
AutoreEsiodo
PeriodoVII secolo a.C. circa
GenerePoema
SottogenereMitologico
Lingua originalegreco antico

«Dunque per primo fu Chaos, e poi
Gaia dall'ampio petto, sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono la vetta nevosa d'Olimpo, […]»

L'opera è composta da 1022 esametri. Ripercorre le origini e gli avvenimenti mitologici greci dal Chaos primordiale, fino al momento in cui Zeus divenne il re degli dèi.

La Teogonia esiodea

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L'opera è stata trasmessa dalla tradizione medievale bizantina[1] unitamente ad altre due opere esiodee, Le opere e i giorni e Lo scudo di Eracle[2][3].

La lingua utilizzata nella Teogonia è convenzionale almeno quanto quella omerica, ripetendone alcune caratteristiche con qualche innovazione[4]; è quindi un dialetto ionico "composito", seppur Esiodo fosse nativo della Beozia[5].

«La Teogonia esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il "vuoto primordiale" e poi Γαῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia»

Il contenuto della Teogonia esiodea propone quella che sembra essere la visione dei sacerdoti del culto di Apollo delfico, dove l'attrazione fra Chaos e Gaia sostenuta da Amore è il fondamento dell'universo e della sua armonia.[6] Tale modello mitologico riceve influenze dalle culture religiose e dai miti propri del Vicino Oriente antico e dell'Antico Egitto[7]: la Teogonia si basa su testi precedenti, il più antico dei quali è un testo ittita del XIII-XIV secolo a.C. che propone una genealogia divina simile a quella proposta da Esiodo[8]. Analogie sono riscontrabili anche con l'Enūma eliš, il poema babilonese della creazione, ove si narra della coppia generatrice Apsû e Tiāmat: Apsû viene poi ucciso da Ea e, successivamente, si afferma in qualità del re degli dèi Marduk.[9]

L'inno alle dee Muse

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La Teogonia di Esiodo, così come ambedue i poemi "omerici", si contraddistingue per un preciso incipit che richiama l'intervento di alcune dee indicate con il nome di "Muse" (Μοῦσαι, -ῶν).

(GRC)

«Μουσάων Ἑλικωνιάδων ἀρχώμεθ᾽ ἀείδειν,
αἵ θ᾽ Ἑλικῶνος ἔχουσιν ὄρος μέγα τε ζάθεόν τε»

(IT)

«Dalle Muse Eliconie cominciamo il canto,
loro che di Elicone possiedono il monte grande e divino»

Come nota Walter Friedrich Otto, le Muse sono divinità con delle caratteristiche uniche: mentre alle altre divinità greche l'appellativo di "olimpiche" era applicato collettivamente, le Muse erano le uniche, insieme al padre Zeus, per le quali questo appellativo fosse usato anche singolarmente.[10]

Esiodo racconta una vera e propria epifania: le dee incontrano il pastore Esiodo «mentre pascolava agnelli sotto il divino Elicone» apostrofandolo tra i «pastori campestri, vili creature obbrobriose, niente altro che ventri», ma le dee consegnano al pastore Esiodo il bastone (o lo scettro) decorato di alloro trasformandolo da «'ventre', ovvero rozzo contadino e pastore in poeta: una divina grazia tanto eccezionale quanto misteriosa»[11].

Le Muse, dunque, sono le dee che donano agli uomini la possibilità di parlare secondo il "vero"[12], e, figlie di Mnemosine (la Memoria), consentono ai cantori di "ricordare" avendo questa stessa funzione uno statuto religioso e un proprio culto[13]. La potenza del canto propria dei cantori ispirati dalle Muse arriva a dare l'"oblio dei mali e tregua alle cure"[14]; un potere religioso che arriva loro dalla chiaroveggenza dovuta alla memoria[15].

La genesi degli dèi

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Gaea, dipinto di Anselm Feuerbach (1875)

La Teogonia di Esiodo[16] racconta come, dopo Chaos (Χάος), sorse l'immortale Gaia (Γαῖα), progenitrice dei Titani e degli dèi dell’Olimpo.

Da sola e senza congiungersi con nessuno, per partenogenesi, Gaia genera Urano (Οὐρανός), ovvero il Cielo stellante;[17] quindi i monti, le ninfe (Νύμφη nýmphē) dei monti,[18] e Ponto (Πόντος), ovvero il Mare.[19]

Unendosi a Urano, Gaia genera i Titani (Τιτῆνες): Oceano (Ὠκεανός)[20], Ceo (Κοῖος), Crio (Κριός), Iperione (Ύπέριον), Giapeto (Ἰαπετός), Teia (Θεία)[21], Rea (Ῥέᾱ oppure Ῥεία), Temi (Θέμις), Mnemosine (Μνημοσύνη), Febe (Φοίβη), Teti (Τηθύς) e Crono (Κρόνος).

Dopo i Titani, l'unione tra Gaia e Urano genera i tre Ciclopi (Κύκλωπες) Bronte, Sterope e Arge[22][23], e gli Ecatonchiri (Ἑκατόγχειρες) Cotto, Briareo e Gige (dalle cento mani e dalla forza terribile)[24].

Urano, tuttavia, impedisce che i figli da lui generati con Gaia, i dodici Titani, i tre Ciclopi e i tre Centimani, vengano alla luce. La ragione di questo rifiuto risiederebbe, per Cassanmagnago[25], nella loro "mostruosità". Ecco che la madre di costoro, Gaia, costruisce dapprima una falce e poi invita i figli a disfarsi del padre che li costringe nel suo ventre. Solo l'ultimo dei Titani, Crono, risponde all'appello della madre e appena Urano si stende nuovamente su Gaia, Kronos, nascosto[26] lo evira. Il sangue versato dal membro evirato di Urano gocciola su Gaia producendo altre divinità: le Erinni (Ἐρινύες: Aletto, Tesifone e Megera[27]), le dee della vendetta[28], i terribili Giganti (Γίγαντες)[29] e le Ninfe Melie (Μελίαι)[30][31].

Ponto (Πόντος, il Mare) genera[32] Nereo (Νηρεύς) detto il "vecchio", divinità marina sincera ed equilibrata; poi, sempre Ponto ma unitosi a Gaia, genera Taumante (Θαῦμᾱς)[33], quindi Forco (Φόρκυς)[34], Ceto (Κητώ) dalle belle guance, ed Euribia (Εὐρύβια).

Gaia e Tartaro[35] generano Tifone (Τυφῶν) "a causa dell'aurea" di Afrodite. Questo essere gigantesco, mostruoso, terribile e potente viene sconfitto dal re degli dèi (Zeus) e relegato nel Tartaro insieme ai Titani e da dove spira i venti dannosi per gli uomini. Infine Gaia unendosi a Tartaro generò Pallante (Παλλάς) un gigante che tentò di violentare Atena durante la Gigantomachia nella quale perse la vita.

  1. ^ Per mezzo di circa trenta papiri e circa sessanta manoscritti.
  2. ^ Pur di ispirazione "esiodea", lo Scudo di Eracle va datato un secolo dopo il periodo in cui Esiodo compose, se si colloca tale periodo alla fine dell'VIII secolo (Cfr. ad es. Cesare Cassanmagnago p. 14).
  3. ^ Le altre opere "esiodee" sono andate perdute, tranne il Catalogo delle donne (γυναικῶν κατάλογος; anche Eoie Ἠοῖαι) che, grazie al recupero di numerosi papiri egiziani, è stato in parte ricostruito.
  4. ^ Cesare Cassanmagnago p. 16.
  5. ^ Luciano Agostiniani pp. 1141 e sgg.
  6. ^ Ilaria Ramelli e Carlo del Grande, Teogonia, in Enciclopedia filosofica, vol. 11, Milano, Bompiani, 2006, pag. 11416.
  7. ^ Il testo, fondamentale tutt'oggi, di queste ricerche è Francis MacDonald Cornford, Principium Sapientiae. The Origins of Greek Philosophical Thought, Cambridge, Cambridge University Press, 1952, a cui si richiama, seppur con delle differenze nelle conclusioni, l'opera di Walter Burkert: The Orientalizing Revolution. Near Eastern Influence on Greek Culture in the Early Archaic Age, Cambridge (Massachusetts), Harvard University Press, 1992.
  8. ^ Giulio Guidorizzi. Il mito greco vol.1 Gli dèi, Milano, Mondadori, 2009, p. 1167.
  9. ^ La religione greca, Ugo Bianchi, UTET, 1975, pag. 65.
  10. ^ Walter Friedrich Otto, Theophania, Genova, Il Melangolo, 1996, p. 48.
  11. ^ Cesare Casanmagnago in Esiodo, Tutte le opere, Milano, Bompiani, 2009, p. 925.
  12. ^ Eric R. Dodds, I greci e l'irrazionale, Milano, Rizzoli, 2009, p. 126.
    «Il dono delle Muse dunque, o meglio uno dei loro doni, è la capacità di parlare secondo verità»
  13. ^ Marcel Detienne. I maestri di verità nella Grecia arcaica. Milano, Mondadori, 1992, p. 4.
  14. ^ Esiodo, Teogonia 55.
  15. ^ Pierre Hadot. Che cos'è la filosofia antica. Torino, Einaudi, 1998, p. 22.
  16. ^ Esiodo, Teogonia' 116 e sgg.
  17. ^ Definito “pari alla Terra”: tale attributo si riferisce alla sua estensione, giacché il Cielo, semisferico, finisce là dove finisce Gaia; la linea dell’orizzonte indica sia la fine del Cielo stellante che quella della Terra (Arrighetti, p. 326; Cassanmagnago p. 929).
  18. ^ quindi le Oreadi (Ὀρεάδες).
  19. ^ distinto quindi da Oceano (Ὠκεανός).
  20. ^ In Iliade, XIV 201, Oceano è detto «padre degli dèi». Aristotele, in Metafisica I (A) 3,983 intende questo, «Oceano e Teti genitori del divenire», come anticipazione delle teorie di Talete.
  21. ^ Pindaro Istmica V la canta; da intendere come divinità della luce (cfr. Colonna p. 83).
  22. ^ Dèi con un "occhio solo", i loro nomi richiamano rispettivamente il "Tonante", il "Fulminante" e lo "Splendente".
  23. ^ Da notare la differenza con l'Odissea, IX 187, dove i Ciclopi risultano dei giganteschi e selvaggi pastori e in cui, uno di questi, Polifemo,è figlio di Posidone. Qui, nella Teogonia esiodea, sono invece tre, dèì figli di Urano e Gaia, costruttori di fulmini che poi consegneranno a Zeus; in Callimaco, Inno ad Artemide, sono gli aiutanti di Efesto, costruttori delle fortificazioni delle città dell'Argolide, ma lo scoliaste (Esiodo Theog., 139) indica questi ultimi come una "terza" categoria di Ciclopi: «perché di Ciclopi ci sono tre stirpi: i Ciclopi che costruirono le mura di Micene, quelli attorno a Polifemo e gli dèi stessi.».
  24. ^ Così lo scoliaste (148): «Costoro sono detti venti che prorompono dalle nubi e sono di sicuro devastatori. Per questo miticamente sono provvisti anche di cento braccia perché hanno pulsionalità guerresche. Cotto, Briareo e Gige sono i tre momenti (dell'anno): Cotto è la canicola, cioè il momento dell'estate, Briareo è la primavera in rapporto con il fiorire ('bryein') e crescere le piante; Gige è il tempo invernale.» (Trad. Cassanmagnago, p. 503).
  25. ^ Cassanmagnago, op. cit., p. 929.
  26. ^ Nella vagina della madre, locheòs (così legge Shawn O'Bryhim, Hesiod and the Cretan Cave in "Rheinisches Museum fuer Philologie" 140: 95-96, 1997).
  27. ^ Questi nomi sono tuttavia di origine ellenistica, mentre la loro presenza è ternaria a partire da Euripide; nell'Iliade il nome è plurale (ad es. XIX, 418) che singolare (ad es. XIX, 87).
  28. ^ Queste dee rappresentano lo spirito della vendetta nei confronti di chi colpisce i parenti o i membri del proprio clan. Sono anche le divinità che sorvegliano il rispetto degli impegni presi sotto giuramento e che impongono il rispetto del corso "naturale" degli eventi (in quest'ultima accezione cfr. Iliade XIX, 418 ed Eraclito fr. 94 Diels-Kranz).
  29. ^ Nell'Odissea (VII, 59) sono una tribù selvaggia che perisce insieme al loro capo Eurimedonte.
  30. ^ Le Ninfe dell'albero di frassino. Anche queste divinità sono strettamente connesse con la guerra essendo il frassino l'albero con cui si costruivano le lance.
  31. ^ Lo scoliaste (187) sostiene che da queste Ninfe viene la prima generazione degli uomini.
  32. ^ Non è chiaro se per partenogenesi, o come gli altri successivi a lui, per mezzo dell'unione con Gaia, cf. Arrighetti p. 294, Cassanmagnago p. 931 (46).
  33. ^ L'aspetto meraviglioso del mare, cfr. Arrighetti p. 294.
  34. ^ L'aspetto mostruoso del mare, cfr. Arrighetti p. 294.
  35. ^ Cfr. vv. 820-885.

Bibliografia

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  • Esiodo, Teogonia, a cura di Graziano Arrighetti, collana Esiodo, Opere, Mondadori, Milano, 2007., Collana Bur, Milano, Rizzoli, 1959.
  • Esiodo, Teogonia, a cura di Cesare Cassanmagnago, collana Esiodo Opere, Milano, Bompiani, 2009.
  • Esiodo, Teogonia, a cura di Aristide Colonna, collana Esiodo Opere, Torino, UTET, 1977.

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