Quest'uomo deve regnare o morire
"Quest'uomo deve regnare o morire" è la frase con la quale è passato alla storia il primo discorso pronunciato alla Convenzione nazionale da Louis Antoine de Saint-Just, il 13 novembre 1792, per esortare l’assemblea a processare e condannare l’ex re di Francia Luigi XVI, deposto a seguito degli avvenimenti della rivoluzione francese [1].
Saint-Just sostenne che, avendo il re violato i diritti del popolo, la sua deposizione non può che essere abbinata alla sua condanna a morte. Il discorso è ritenuto antesignano del populismo e del giustizialismo.
Presupposti
modificaIl 20 giugno 1791 Luigi XVI con la sua famiglia tentò di fuggire dalla Francia ma a Varennes-en-Argonne fu riconosciuto, arrestato e riportato a Parigi, per essere imprigionato.
Nel frattempo era in corso un duro confronto fra la destra dei girondini, appoggiati dal centro, il Marais o "Palude", e la sinistra dei giacobini di Maximilien de Robespierre e dello stesso Saint-Just. L'insurrezione parigina del 10 agosto, abbattendo la monarchia, accusata di intelligenza con il nemico esterno, aveva posto il problema del processo a Luigi XVI, che i girondini non volevano, temendo che l'inevitabile condanna avrebbe decisamente rafforzato i giacobini e la Comune di Parigi, il comitato insurrezionale che spingeva per una politica di radicale intransigenza repubblicana.
In seguito, per dare una nuova costituzione alla Francia, si procedette all'elezione della Convenzione nazionale, la nuova assemblea che avrebbe preso il posto della Costituente monarchica e della precedente Assemblea legislativa. Il 5 settembre 1792, Saint-Just era stato eletto deputato alla Convenzione per il dipartimento dell'Aisne e il 18 settembre 1792 giunse a Parigi.
La Convenzione si riunì per la prima volta il 20 settembre 1792, il giorno stesso della vittoriosa battaglia di Valmy. Tra i primi punti all'ordine del giorno ci fu quello di valutare la percorribilità di un processo all'ex re[2].
Passi principali del discorso
modificaSaint-Just prese la parola il 14 novembre. Respinse sia la tesi dell'inviolabilità del re che quella favorevole a processare Luigi XVI come un comune cittadino. Per lui, il processo andava celebrato per una natura squisitamente politica:
«Io dico che il re deve essere giudicato come un nemico, che dobbiamo combatterlo piuttosto che giudicarlo e che, non rientrando egli nel contratto che unisce i francesi, le forme della procedura non si trovano nella legge civile ma nella legge del diritto dei popoli [...] Gli uomini che stanno per giudicare Luigi hanno una repubblica da fondare: ma coloro che attribuiscono una qualche importanza alla giusta punizione di un re, non fonderanno mai una repubblica [...] cosa non temeranno da noi i buoni cittadini, vedendo la scure tremare nelle nostre mani, e vedendo un popolo che fin dal primo giorno della sua libertà rispetta il ricordo delle sue catene? [3]»
Secondo Saint-Just, Luigi XVI non poteva essere giudicato secondo le leggi in vigore, perché:
«I cittadini si legano fra di loro col contratto; il sovrano non si lega affatto [...] il patto è un contratto fra i cittadini, non con il governo; non si può rientrare in un contratto nel quale non ci si è impegnati. Di conseguenza Luigi, che non si era impegnato, non può essere giudicato come cittadino [...] quest'uomo deve regnare o morire [...] Processare il re come cittadino! Un'idea simile strabilierà la fredda posterità. Giudicare significa applicare la legge; una legge è un rapporto di giustizia; e che rapporto di giustizia ci può mai essere tra l'umanità e i re? Che cosa c'è in comune tra Luigi e il popolo francese, perché gli si usino dei riguardi dopo il suo tradimento? [...] Non si può regnare senza colpa. Ogni re è un ribelle e un usurpatore. Gli stessi re tratterebbero diversamente i loro pretesi usurpatori? [3]»
Antesignano del populismo e del giustizialismo, Saint-Just si rivolge all’assemblea non come di fronte a un’Alta corte di giustizia ma come di fronte al popolo unito in consesso per far valere la violazione del diritto dei popoli da parte del sovranoː
«Cittadini, il tribunale che deve giudicare Luigi non è un tribunale giudiziario: è un consesso, è il popolo, siete voi: e le leggi che dobbiamo seguire sono quelle del diritto dei popoli [...] Luigi è uno straniero fra noi: non era cittadino prima del suo delitto, non poteva votare, non poteva portare le armi; lo è ancor meno dopo il suo delitto[3].»
Saint-Just concluse per l'esecuzione rapida ed immediata dell'ex re perché se così non fosse, il popolo avrebbe tutto il diritto di rivolgere analoghe accuse ai componenti della Convenzione:
«Luigi ha combattuto il suo popolo ed è stato vinto. È un barbaro, uno straniero prigioniero di guerra [...] È l'assassino della Bastiglia, di Nancy, del Campo di Marte, di Tournay, delle Tuileries: quale nemico, quale straniero ci ha fatto più male di lui? Deve essere processato rapidamente: lo consigliano la saggezza e la sana politica; egli è una specie di ostaggio che i furfanti ci conservano. Si cerca di muovere a pietà, presto si compreranno le lacrime; si farà di tutto per renderci interessati, per corromperci, anche. Popolo, se il re sarà assolto, ricordati che noi non saremo più degni della tua fiducia e tu potrai accusarci di perfidia[3].»
Reazioni e conseguenze
modificaProfonda fu l'impressione del discorso in tutti i settori dell'assemblea: lo stesso girondino Brissot scrisse cheː «in questo discorso ci sono bagliori, un talento che può onorare la Francia». Il giovane Saint-Just divenne molto popolare e ottenne il favore di Robespierre, del quale condivideva a pieno le ideologie rivoluzionarie. Il 24 novembre 1792, Saint-Just fu eletto presidente dei giacobini[1].
La scoperta, in un armadio segreto alle Tuileries, dei documenti che dimostravano inequivocabilmente le trame di Luigi XVI con i nemici della Francia, fu decisiva. L'ex re fu mandato a processo, che iniziò l'11 dicembre 1792. Di fronte alla Convenzione, i deputati si pronunciarono a maggioranza sulla pena di morte e il re, con enorme scandalo dei governi assolutistici di tutta Europa, fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793[4].
Note
modifica- ^ a b Louis Antoine de Saint-Just
- ^ F. Furet-D. Richet, La Rivoluzione francese, Bari, 1998, tomo primo, pp. 213 e ss.
- ^ a b c d Louis De Saint-Just, Discorsi alla convenzione e scritti scelti (a cura di Paolo Basevi), Universale Economica, Milano, 1952
- ^ Processo al re
Bibliografia
modifica- Marco Cicala, Saint-Just, la Rivoluzione con l'orecchino, La Repubblica, 25 ottobre 2020
- Louis Antoine de Saint-Just, La dittatura rivoluzionaria nella Francia giacobina, Discorsi alla Convenzione (1794), Associazione Stalin.
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modifica- SAINT-JUST, ANGELO E DEMONE DELLA RIVOLUZIONE, su storiain.net.
- Saint Just, l’arcangelo del terrore, su ildubbio.news.