Lex Licinia Pompeia
Lex Licinia Pompeia | |
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Senato di Roma | |
Nome latino | Lex Licinia Pompeia |
Autore | Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso |
Anno | 55 a.C. |
Leggi romane |
La Lex Pompeia Licinia fu proposta nel 55 a.C. dai consoli Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso; essa prorogava per altri cinque anni il proconsolato in Gallia a Giulio Cesare, conferitogli dalla lex Vatinia del 59 a.C.
Sulla data di scadenza del nuovo mandato le fonti sono discordanti[1], ma opinione comune è che il termine fosse il 31 dicembre del 50 a.C. oppure il 1º marzo del 49 a.C.[2]
Gli accordi di Lucca
[modifica | modifica wikitesto]La legge fu approvata dai due consoli non appena furono eletti. I patti definiti fra i tre triumviri a Lucca nel 56 a.C. prevedevano per Cesare il rinnovo del mandato in Gallia e per Pompeo e Crasso una spartizione delle province e dei relativi eserciti, decretata dalla lex Trebonia: Crasso scelse la Siria e le zone limitrofe, desideroso di muovere guerra contro i Parti, nella convinzione che si trattasse di un'impresa facile e vantaggiosa sul piano economico; Pompeo ebbe le due Spagne e l'Africa, dove inviò «i suoi amici» (così riferisce Appiano) mentre egli restava a Roma[3].
Gli accordi di Lucca, che portarono dunque alla promulgazione della legge, furono ricercati da Cesare per eludere la possibilità che venissero eletti consoli dei suoi nemici. I pretori Caio Memmio[4] e Lucio Domizio[5] avevano infatti aperto un'inchiesta contro di lui e per quell'anno era candidato al consolato Lucio Domizio, il quale dichiarava apertamente di voler fare da console ciò che non era riuscito a fare da pretore e di voler togliere a Cesare l'esercito[6].
Il potere crescente di Cesare dava preoccupazioni e anche gli accordi tra i triumviri potevano essere giudicati illegittimi:
«Cn. Pompeius et M. Crassus, alterum iniere consolatum, qui neque petitus honeste ab iis neque probabiliter gestus est»
«Cneo Pompeo e M.Crasso iniziarono il loro secondo consolato, da essi né chiesto correttamente né gestito lodevolmente»
Anche Cicerone cercò di osteggiare i provvedimenti. Egli era preoccupato per il comportamento di Pompeo, giudicato sconsiderato e poco tenace; aveva temuto, in particolare, l'avvicinamento a Cesare. Cicerone cercò di convincere Pompeo a non prorogare a Cesare il comando in Gallia e di non permettere la votazione di una legge ad personam che grazie a una clausola permetteva, a Cesare soltanto, di candidarsi alle magistrature pur non essendo presente a Roma[7].
«Nihil actum est a Pompeio nostro sapienter, nihil fortiter (…) ille Galliae ulterior ios adiunctor (…) ille provinciae propoagator, ille absentis in omnibus adiutor»
«Il nostro Pompeo non ha avuto una linea di condotta né saggia né forte (…) egli fu colui che gli ha aggiudicato la Gallia ulteriore (…) egli che gli ha fatto prorogare il comando della provincia, suo sostenitore in tutto durante l'assenza»
In effetti la lex Pompeia Licinia accrebbe notevolmente il potere di Cesare. Egli aumentò il numero delle legioni, alcune sostenute a sue spese. Da questo momento Cesare si lanciò in numerose e pericolose guerre, attaccando sia i nemici che gli alleati e costringendo il Senato ad inviare una commissione d'inchiesta in Gallia. Alcuni senatori volevano consegnarlo ai nemici, ma la sua popolarità cresceva e i suoi successi richiedevano suppliche agli dei a Roma più lunghe e frequenti che per qualsiasi altra campagna condotta dall'esercito romano[8].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ G. Rotondi, Leges Publicae populi romani: elenco cronologico con una introduzione sull'attività legislativa dei comizi romani, Hildesheim, 1962, p.404-405; F.E. Adcock, “The Legal Term of Caesar’s Governship in Gaul,” Classical Quarterly 26 (1932) 14–26; C.E. Stevens, “The Terminal Date of Caesar’s Command,” American Journal of Philology 59 (1938) 169–208, and “Britain and the Lex Pompeia Licinia,” Latomus 12 (1953) 14–21; J.P.V.D. Balsdon, “Consular Provinces under the Late Republic: Caesar’s Gallic Command,” Journal of Roman Studies 29 (1939) 167–183; G.R. Elton, “The Terminal Date of Caesar’s Gallic Proconsulate,” Journal of Roman Studies 36, (1946) pp. 18–42; P.J. Cuff, "The Terminal Date of Caesar's Gallic Command," Historia 7 (1958) 445–471; E. Badian, “The Attempt to Try Caesar,” in Polis and Imperium: Studies in Honour of Edward Togo Salmon (Toronto, 1974).
Opinione comune è che la legge abbia prorogato l'imperium per cinque anni, ma Dione Cassio parla di tre anni. Drumann pone la scadenza al 31 dicembre 49 a.C., Hofmann al primo marzo dello stesso anno. Sull'ipotesi dei tre anni, Zumpt colloca la scadenza all'11 novembre, Hirschfeld al primo marzo. - ^ G. Rotondi, op. cit. p.404.
- ^ Appiano, De Bellum Civili, II, 18, 65, a cura di Emilio Gabba e Domenico Magnino, Torino, 2001, Unione Tipografico – Editrice Torinese, p. 245.
- ^ Gaio Memmio, R.E., XV, 1, s.v. Caius Memmius, cc. 604-618; Oxf., II, p.588.
- ^ Lucio Domizio, R.E., V, 1, s.v., Lucius Domitius, cc. 1333-1346.
- ^ Svetonio, Vite dei Cesari, I, Caes., XXIV, trad. di Felice Dessì, Milano, 1982, Bur Rizzoli, p. 79.
- ^ Cic., Phil., II, 10, 24 in Le Orazioni, a cura di Giovanni Bellardi, Torino, 1978, Unione Tipografico-Editrice Torinese, p. 239.
- ^ Svetonio, op. cit., p.79.